05/08/19

Recensione di Tsugumi di Banana Yoshimoto

Trama: “Giornate di una felicità intensa non capitano spesso nella vita. Ed è inseguendo quel vivido miraggio, che le persone riescono a tirare avanti e a invecchiare... Tsugumi è un romanzo che parla di questo. Di un’estate di un gruppo di ragazzi che non tornerà mai più. Del mare e del primo amore...” Così Banana Yoshimoto parla del suo romanzo tutto dedicato all’adolescenza. Maria e Tsugumi sono amiche fin dall’infanzia anche se sono molto diverse. Maria, l’io narrante, è dolce: ha lasciato il piccolo paesino in cui era nata e cresciuta per iscriversi all’università a Tokyo. Tsugumi è bellissima ma dotata di un carattere infernale: affabile con gli estranei, nel privato è un tiranno, parla come un maschio ed è viziata all’inverosimile. Non può spostarsi dalla tranquilla penisola di Izu perché le sue condizioni di salute non glielo permettono. Il suo destino pare essere segnato... Può un nuovo incontro delle due amiche, là dove trascorrevano le estati, cambiare sorti che parevano ormai ineluttabili? Uscito a puntate nell’edizione giapponese di “Marie Claire” e apparso in volume nel 1989, Tsugumi è il più grande successo di Banana Yoshimoto.

Questo libro è più frizzante dei precedenti.
La voce narrante è Maria, una giovane studentessa universitaria che rievoca la sua ultima estate nella penisola di Izu, in Giappone. Fino a qualche tempo prima lei e la madre, prima di ricongiungersi a Tokyo, vivevano nella pensione della zia Masako con le sue figlie, Yoko e Tsugumi. Tanto buona e dolce la prima, quanto perfida e bella la seconda che però è sempre stata sotto il giogo di una condizione fisica estremamente sfavorevole. Si ammala con estrema facilità e deve affaticarsi poco.
Durante questa estate le ragazze conosceranno anche il giovane Kyoichi, nuovo abitante del posto che subito attrae Tsugumi, addolcendo il suo carattere che è aspro, salvo fingere dolcezza davanti a terzi. E’ un ragazzo profondo e sereno, capace di bilanciare la giovane. Per certi versi i due sono simili, ma il giovane è un’evoluzione positiva della peperina Tsugumi. Come dicevamo nel Gdl, sono come yin e yang.

Leggere la Yoshimoto è sempre catartico, rilassa.
Mi piace il concetto di Tsugumi per cui la vita sia una recita così come quel che pensa il padre di Maria che vuole recuperare il tempo perduto perché non si sa mai, le cose possono cambiare e occorre avere bei ricordi.
E’ eccelso il modo in cui si vede che Maria e sua madre hanno nostalgia di casa, del mare, della pensione. Quel luogo era la loro vita, la loro essenza ed è naturale che sia così, faceva parte di loro, avevano radici lì. Ad esempio, la madre cucina solo pesce, è abbastanza indicativo del dolore, anche se per carattere è sempre sorridente e positiva, non si penserebbe mai che soffra particolarmente.
Tsugumi si fida di sé, è realista, sa quel che vale, nonostante il disturbo fisico e non si fa mettere i piedi in testa, si sfida anche se sa che può esserle fatale.
Al suo contrario Maria subisce gli eventi anche quando potrebbe puntare i piedi, però ci fa da voce narrante che non giudica ed è l’unica a capire davvero Tsugumi o che ci si avvicina, al contrario di tutti gli altri che le sono vicino. Brava perché la cugina è un tipo difficile.
Questa volta i colpi di scena sono presenti, non è qualcosa a cui sono abituata con Banana che ha deciso di regalarci un libro che parla di mare, di vacanze e di amici, di tempi che non torneranno più ma a cui guardare con gioia e nostalgia, un atteggiamento malinconico però non veramente triste. E’ presente anche l’affetto per i genitori ed il loro impegno a fare del proprio meglio per i figli, pur se in maniera atipica.

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