26/07/18

Recensione di Strade di Notte di Gajto Gazdanov

Trama: Un tassista russo vaga per le strade buie della Parigi degli anni Trenta. È una Parigi misera e splendida, popolata da un sottobosco di personaggi ai margini: nobili decaduti, filosofi alcolizzati, emigrati afflitti da manie di persecuzione, prostitute che imparano la professione da frequentatrici del demi-monde finite in disgrazia. Sono animali notturni, le mille sfaccettature della disperazione umana. Incontri fugaci regolati dal caso, compagni di viaggio con cui condividere un pezzo di strada nell’inevitabile cammino verso la morte. Il tassista osserva, ascolta e si lascia trascinare nelle loro tragiche, insulse esistenze per sfuggire alla solitudine che lo attanaglia e all’amara consapevolezza della vacuità della propria vita, una vita priva di legami e di futuro, una vita da esule, da eterno viaggiatore in terra straniera. Sullo sfondo di questo pellegrinaggio senza meta aleggia lo spettro della grande Russia, patria perduta e rimpianta, della quale in queste pagine si respira tutto il fascino malinconico.

Un romanzo cupo e toccante che ha molto di autobiografico: Gajto Gazdanov trascorse gran parte della vita in Francia, dove si guadagnava da vivere svolgendo i lavori più umili, fra cui quello di tassista notturno. Considerato una delle voci più interessanti dell’emigrazione russa, definito un Nabokov senza Lolita e paragonato a un Proust che si fa tassista, oggi è un vero e proprio classico moderno.

Negli ultimi anni la chiamata del mondo slavo è sempre più forte e spero di approfondirlo sempre di più. Per questo non ho resistito a questo volume edito Fazi e pubblicato lo scorso anno.

Gajto Gazdanov è un emigrato russo dello scorso secolo, andato via dalla patria dopo aver combattuto nell'Armata Bianca di Vrangel'. Ma non ci presenta una full immersion della sua esperienza in tal senso, bensì narra della sua vita, o meglio delle sue riflessioni, e la narrazione comincerà direttamente da place Saint-Augustin a Parigi, durante una delle sue innumerevoli notti di lavoro. Non so se sia tutto vero, ma certo è che questo volume è quasi certamente tutto autobiografico, romanzato leggermente solo dove serve.


Gazdanov è infatti tassista, dopo aver svolto professioni di vario genere, e sarà con questo mestiere che la sua tendenza malinconica e riflessiva si sviluppa.
Gli piace osservare la gente, riflettere sulle esistenze altrui. E' curioso, benché non possa approfondire quasi niente per via del lavoro, che ruba tempo, o di limiti personali che gli impediscono di vedere oltre. Ad esempio, non riesce a comprendere chi è vittima del vizio perché lui stesso deve lavorare per vivere, senza potersi perdere dietro a fronzoli.
Molte delle sue discussioni avvengono nel bar di fronte alla stazione, dove tra i fumi dell'alcol è l'unico a bersi del latte, e la "fauna" che vede nel locale, o con cui interagisce in taxi, gli fa comprendere che le persone possono essere pessime sia da ricche che da povere. Nell'esercizio commerciale i suoi interlocutori principali sono l'alcolizzato Platone ed alcune prostitute, come Suzanne ed Alice, ma anche la proprietaria Madame Duval, da cui nascono interessanti dialoghi, anche se a volte costruttivi solo in senso monodirezionale.

Le riflessioni che tocca sono numerose ed alcune possono stimolare utili discussioni anche nel presente. Ad esempio, molti lavoratori, specialmente se operai o comunque che svolgono mansioni pesanti e sottopagate, non hanno, solitamente, interesse nella storia. Vivono, arrancando da un giorno all'altro, senza interesse per questioni di rilievo.
Le classi sono separate nettamente, potrei dire anche al giorno d'oggi, idea che Gazdanov mal sopporta così come la rassegnazione comune a questa situazione. Nessuno che aspiri a poter essere di più.
Elementi che si possono riscontrare anche al giorno d'oggi con le dovute contestualizzazioni.
Da esule, analizza anche i sentimenti che si provano o la capacità di ripartire da zero in ogni momento. Il passato che ha forgiato i russi non esiste più, solo il presente. Chi era colto e/o ricco non lo è più o non può più esserlo. Le cose sono cambiate talmente da non sembrare vere.
Un interrogativo che ho amato molto è questo: è vero il nostro primo pensiero o quello ultimo, nato dall'avere tutti i pezzi davanti, e dunque corretto? Domanda che si pone l'autore quando scopre delle verità su cui aveva già un determinato ed errato giudizio.

Non è una biografia di lettura immediata, ma nemmeno astrusa. Il linguaggio cui fa ricorso l'autore è accessibilissimo, fa spesso fa riferimenti poco comuni ai nati di questo secolo e soprattutto la forma dei suoi scritti è un flusso di coscienza e, dunque, non sempre uniforme, anche se va in una ben precisa direzione temporale.
Ho però trovato la lettura un ottimo specchio dello scorso secolo, della società parigina e degli emigrati slavi in terra francofona.



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