11/06/17

Recensione Il senso del dolore-L'inverno del commissario Ricciardi di Maurizio De Giovanni

Trama: Il romanzo del possesso.

Il talento infinito, l'amore del pubblico, la devozione delle donne, l'amicizia dei potenti: e Arnaldo Vezzi, il piú grande tenore del suo tempo, crede di essere un dio. Quindi si prende quello che vuole, se ne serve e lo getta via; calpesta cuori e anime; deride, distrugge. Tutto deve essere suo, nulla gli si può rifiutare. Ma un dio può non essere immortale.

Maurizio De Giovanni è un noto autore nostrano, ma di un genere cui io mi accosto davvero saltuariamente, non essendo il preferito.
All'inizio ho un pò faticato ad entrare nella storia, a volte anche in corso di narrazione, che è un pò diversa da quelle cui sono avvezza.
Invece la storia merita molto!
Protagonista è Luigi Alfredo Ricciardi, uomo di nobili origini, che le rinnega, fa di tutto per insabbiarle e lavora come commissario presso la squadra mobile della regia questura di Napoli, deciso a risolvere i casi di omicidio che gli si presentano. Ed è bravo, molto, ma nessuno sa che lui sente la frase ultima che i morti rivolgono al mondo prima di morire e su questo si basa la sua indagine. Sapessero, lo internerebbero (anche nel 2017, pensiamo nel 1931.)! Sua fedele spalla è il brigadiere Raffaele Maione, unico della questura ad apprezzare questo commissario freddo, asociale e "anormale", qualcuno (ad esempio il vicequestore Garzo, che è pure leccapiedi dei potenti) teme sia un arrivista, altri lo evitano proprio.
Il caso cui lavora Ricciardi stavolta è l'assassinio di Arnaldo Vezzi, noto esponente dell'ambiente dell'Opera, apprezzato anche dal Duce, ucciso poco prima dello spettacolo al San Carlo. La scena del crimine è atipica: la porta del camerino chiusa, sangue ovunque, ma una porzione di divano linda. E la frase dell'opera sulla bocca del morto che solo Ricciardi può sentire.
Una bella sfida per il commissario che di opera non si intende e che di sentimenti vuole saperne ancora meno se non il necessario visto il suo "dono". Per fortuna lo aiuterà molto don Pierino, prete che adora l'opera, che la conosce bene e che era lì quella sera.
L'indagine sarà complessa, apparentemente senza soluzione, la questura vuole aggiornamenti frequenti richiesti dall'alto, ma inutile dire che Ricciardi non si arrende, ignora i superiori per lavorare bene e la sua caparbietà lo porterà all'incredibile risoluzione del caso con protagoniste le sue conoscenti, sempre causa di delitti: fame ed amore. Sempre loro, a turno o assieme.
E' un romanzo davvero atipico per me, anche nel suo genere. Inizialmente credevo non avrei voluto leggere altro di De Giovanni, invece, arrivata a fine libro, sarei curiosa senz'altro di finire almeno la serie di questo commissario (a me non piace la gente travagliata, no, no). Non posso negare la qualità della scrittura ne le alte abilità narrative dell'autore.

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