Trama: Stoner è il racconto della vita di un uomo tra gli anni Dieci e gli anni Cinquanta del Novecento: William Stoner, figlio di contadini, che si affranca quasi suo malgrado dal destino di massacrante lavoro nei campi che lo attende, coltiva la passione per gli studi letterari e diventa docente universitario. Si sposa, ha una figlia, affronta varie vicissitudini professionali e sentimentali, si ammala, muore. È un eroe della normalità che negli ingranaggi di una vita minima riesce ad attingere il senso del lavoro, dell'amore, della passione che dà forma a un'esistenza.
Chi avrebbe mai detto che avrei letto questo libro?
Io no di certo, ma il gruppo di lettura della biblioteca è un valido incentivo tanto quanto quello della Feltrinelli di Padova che legge lo stesso libro il 24!
Perché non lo avrei letto?
Innanzitutto non è il mio genere, non leggo questa narrativa. In più la storia è ambientata nel primo '900, certo non il mio periodo storico preferito. Poi perché il protagonista è proprio un signor nessuno.
Stoner nasce, cresce e lavora nei campi di famiglia a Booneville, fino a che, poco più che ventenne, il padre gli propone di studiare. Il figlio accetta, senza ribellarsi, come comune uso del tempo, e si iscrive alla facoltà di Agraria di Columbia, col fine di tornare ad aiutare i suoi dopo la laurea, per poi presto cambiare indirizzo e scegliere Filosofia che diverrà la sua ragione di vita. Scopre, infatti, una passione infinita per lo studio e la conoscenza.
E questo è la storia: nulla più che la vita di una persona comune, anche piuttosto scialba, sotto tono, privo di talento o spessore se non nelle capacità di studio.
Come ho potuto verificare da un confronto tra pareri di altri e la post fazione, la forza del libro è proprio questa: anziché narrare la storia eccezionale di una persona eccezionale, a volte narrata male, racconta la storia di un uomo comune, resa eccezionale dall'esposizione.
Quel che mi ha fatto ADORARE il libro è proprio lo stile di scrittura. Non so spiegarlo, ma il libro si fa leggere con passione, senza sforzo e non si può negare che è scritto benissimo. Williams usa un registro personale, non astruso, ma sobrio. La storia scorre, però senza essere affrettata e senza sganciare colpi di scena con violenza. Dell'autore si può proprio dire che sa scrivere e che è riuscito a scrivere un libro fenomenale pur non avendo le caratteristiche del libro che comunemente riceve questi elogi.
E' una sorta di biografia inventata.
Stoner racconta di ognuno di noi. Certo, non credo che siamo tutti così grigi o noiosi, privi di ambizioni, capaci di accettare tutto dalla vita come Stoner. Ma tutti siamo più o meno frutto delle scelte del caso, tutti veniamo posti davanti a delle scelte e ognuno reagisce a modo suo. Raramente saremo migliori e più decisivi di lui. Molti di noi vivranno un matrimonio insoddisfacente. Oddio, trovare una moglie come quella del protagonista raro. E' un caso patologico, sicuramente vittima di una famiglia che l'ha reclusa e che l'ha cresciuta negli agi (fatalità, il suo comportamento peggiora sempre dopo un soggiorno a casa!). Si tratta di una donna avvilente per sé e per gli altri che avrebbe bisogno di scosse ed esperienze per imparare a vivere davvero.
Per quel che riguarda me, mi sono ritrovata tantissimo in lui quando dice che i suoi scritti non rivelavano ciò che sapeva nel profondo, che anche quando parlava non sapeva trasmettere la passione che aveva dentro. Ecco, sono uguale.
E' un uomo che sembra passivo, quasi sprovveduto (ad esempio per come ha condotto la questione del matrimonio), ma che ci sa dimostrare di saper essere deciso e forte, capace di andare dritto per la sua strada. Solo una volta, una di sicuro, è stato sul punto di essere spezzato, nell'unico momento in cui è stato più che felice e completo, ma è l'esempio migliore che io conosca di resilienza. Perché Stoner non lo spezza nessuno. D'altronde come spezzare una "pietra" (Stone=pietra, da cui viene probabilmente Stoner).
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