16/04/17

Recensione La prima verità di Simona Vinci

Trama: Nel 1992 Angela, giovane ricercatrice italiana, sbarca sull'isola di Leros. È pronta a prendersi cura, come i suoi colleghi di ogni parte d'Europa, e come i medici e gli infermieri dell'isola, del perdurante orrore, da pochi anni rivelato al mondo dalla stampa britannica, del «colpevole segreto d'Europa»: un'isolamanicomio dove a suo tempo un regime dittatoriale aveva deportato gli oppositori politici di tutta la Grecia, facendoli convivere con i malati di mente. Quelli di loro che non sono nel frattempo morti sono ancora tutti lì, trasformati in relitti umani. Inquietanti, incomprensibili sono i segni che accolgono la ragazza. Chi è Basil, il Monaco, e perché è convinto di avere sepolto molto in alto «ciò che rimane di dio?» E tra i compagni di lavoro, chi è davvero la misteriosa, tenace Lina, che sembra avere un rapporto innato con l'isola?


Ogni mistero avrà risposta nel tesoro delle storie dei dimenticati e degli sconfitti, degli esclusi dalla Storia, nell'«archivio delle anime» che il libro farà rivivere per il lettore: storie di tragica spietata bellezza, come quella del poeta Stefanos, della ragazza Teresa e del bambino con il sasso in bocca.

La prima verità è uno di quei libri che tutti dovrebbero leggere. L'autrice ci mette a parte di un caso scandalo del 1992. Sull'isola di Leros nel manicomio i matti vengono trattati peggio di animali, pesantemente abbandonati a se stessi, maltrattati addirittura.
La narrazione è particolarissima... Si alternano capitoli degli ospiti che si svolgono nel passato o ai giorni nostri, ma anche quelli della volontaria Angela alla voce vera e propria dell'autrice.
Angela mi ha colpito perchè è partita volontaria, ispirata dall'esperienza dell'autismo del suo fratellino Domenico. La realtà che la accoglie è brutale, difficile da digerire e ad un certo punto Angela crolla, ma fa di tutto per riallacciare la storia dei matti, vuole restituire loro un passato ed un'identità. E ritorna poi dieci anni dopo perchè è un'esperienza rimasta irrisolta.
Scopriamo la storia del piccolo Temistocles/Nikolaos che vive col sasso in bocca e non parla più, di Teresa e delle sofferenze che ha dovuto subire, dell'autistica Evelina e della cattiveria riversata su di lei, di Basil "il monaco", di Stefanos che era solo in dissidente politico comunista.
Poi però ci parla anche l'autrice e ci fa intendere, in capitoli così ben integrati nella narrazione quasi da non rendersi conto che parla di sè, del pericolo, fosse nata pochi anni prima, di poter finire come i matti di Leros in quanto bambina stata "ingovernabile, pericolosa per sè e gli altri". Parla anche dei problemi della madre, se ho inteso bene, del matto del paese e della squilibrata famiglia.
Nella storia capiamo anche che i genitori greci che andavano a lavorare in terra ferma e non potevano portarsi i figli li lasciavano lì anche se sani perchè era meglio un tetto sopra la testa che la fame, anche se  a costo di diventare matti. E' crudele, ma purtroppo ha la sua logica. Chi ha patito la fame, sa che tormento è.
Inoltre c'erano solo due dottori per un intero ospedale e moltissimi infermieri privi di un solo titolo di studio, assunti per carenza di specializzati. E chi viveva li faceva di tutto per accaparrarsi un salario, statale poi era una fortuna a vita. Ovviamente come poteva trattare i malati gente simile quando si parla di maltrattamenti ai giorni nostri da gente che dovrebbe saper trattare i "deboli" ed essere  peridicamente monitorata circa la situazione psicofisica che lo rende idoneo al lavoro?
Ma c'è anche chi ci mette un parente perchè non ce la fa più, per vergogna, per il proprio buon nome.
Per mia fortuna sono riuscita a leggere il libro "razionalmente", ma tutto quel che è scritto è duro e scioccante. Non mi capacito di quanto male possiamo fare o ricevere.



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