Trama: Sulla corrente dei fiumi nulla cambia mai davvero. Al timone degli affusolati burchi dal fondo piatto, da sempre i barcari trasportano merci lungo la rete di acque che si snoda da Cremona a Trieste, da Ferrara a Treviso. Quando Ganbeto sale come mozzo sulla Teresina del nonno Caronte, l’estate si fa epica e avventurosa. Sono i ruggenti anni ’60, nelle case entrano il bagno e la televisione in bianco e nero, Carosello e il maestro Manzi. I trasporti viaggiano sempre più via terra, e i pochi burchi che ancora resistono, per ostinazione oltre che per profitto, preferiscono la sicurezza del motore ai ritmi lenti delle correnti e delle maree. Quello del barcaro è un mestiere antico, ma l’acqua non dà certezze, e molti uomini sono costretti a impiegarsi come operai nelle grandi fabbriche. A bordo della Teresina, Ganbeto si sente invincibile. Gli attracchi, le osterie, le burrasche, il mare e la laguna, le campane di piazza San Marco, i coloriti modi di dire di Caronte e i suoi cappelli estrosi, le ragazze che s’incontrano lungo le rotte. Presto, però, non potrà più far finta di niente, lui che ha un piede nel vecchio e uno nel nuovo dovrà imparare la lezione più dolorosa di tutte: per crescere bisogna sempre lasciare indietro qualcosa.
Ammetto che, questo romanzo, inizialmente on mi ispirava molto.
Dopo poche pagine invece è cominciata la magia.
Ci troviamo in Veneto negli anni '60, a Battaglia Terme, è Ganbeto è il figlio di una casalinga e di un barcaro, un adolescente che ama poco la scuola e che, nell'estate del '65, farà il mozzo sulla Teresina, il burcio/la barca del nonno.
Il loro è un mestiere in via d'estinzione. Sono arrivate le barche a motori, i camion, le autostrade, la tv...Il progresso corre e velocemente.
Questa estate fa innamorare il giovane della vita itinerante lungo i fiumi ed imparerà molto su sé stesso, sul nonno e sul mondo e non smetterà più di prestare attenzione alle esperienze che la vita gli fa vivere.
Leggere questo libro mi fa capire quanto sia "falso" il detto: si stava meglio quando si stava peggio. Niente affatto. La vita era sì più semplice e con distinzioni nette, però l'educazione era povera e Ganbeto ha due bravi genitori, ma non preparati a spingere i figli seriamente allo studio, come accade ancora oggi in certi casi. Gli insegnanti non erano d'aiuto, severi, punitivi, demoralizzanti (anche se, per pochi si tratta più di una corazza che di indole vera e propria) e ciò spinge all'abbandono scolastico chi non ama la scuola ed ha comunque bisogno di lavorare. La scuola poi non è moderna o aggiornata e, peggio di oggi, non era un ponte verso la vita, tant'è che Ganbeto, sulla Teresina, scopre che ciò che ha imparato è inutile.
Fanno spesso innervosire i discorsi del nonno o del professore. Gente buona, ma ognuno è ad un antipodo: il rozzo barcaro che non ha bisogno dell'italiano e lo sdegnoso insegnante critico circa la preparazione degli alunni.
E' comunque una lettura scorrevole e con picchi d'ironia e divertimento, anche se, solo la mia permanenza in Veneto da quindici anni mi ha aiutato con le cospicue quantità di dialetto qui presenti e non sempre basilari.
Sembra, in ogni caso, un perfetto scorcio degli anni '60, dei tempi che cambiano e sembra di trovarsi con Ganbeto nel tempo e nello spazio.
Io avrei voluto però sapere il vero nome del ragazzino che, con tanto riserbo, lo nasconde e la risposta alla sua domanda verso la fine che una risposta non ce l'ha.
Dal primo libro che lessi dell'autore, trovo che la sua scrittura sia sempre migliore ed agile e mi copro ad apprezzarlo in maniera crescente.
Finito il 07/07/21
Nessun commento:
Posta un commento