Trama: Un uomo e un bambino viaggiano attraverso le rovine di un mondo ridotto a cenere in direzione dell'oceano, dove forse i raggi raffreddati di un sole ormai livido cederanno un po' di tepore e qualche barlume di vita. Trascinano con sé sulla strada tutto ciò che nel nuovo equilibrio delle cose ha ancora valore: un carrello del supermercato con quel po' di cibo che riescono a rimediare, un telo di plastica per ripararsi dalla pioggia gelida e una pistola con cui difendersi dalle bande di predoni che battono le strade decisi a sopravvivere a ogni costo. E poi il bene più prezioso: se stessi e il loro reciproco amore.
Dovevo leggere questo libro da
anni e finalmente si è presentata l’occasione.
Si tratta di un libro affine alla
distopia, un post apocalittico, ambientato nel mondo presumibilmente distrutto
dal cambiamento climatico e dai disastri nucleari, dove ci si deve sempre
guardare le spalle, essere cattivi, violenti e spietati.
E’ in questa cornice che si
muovono un padre e suo figlio, sempre in movimento, con l’intento di
raggiungere la costa e si portano sempre appresso un carrello per riporre alcune
delle loro cose.
In questi giorni di contagio è
una lettura decisamente ansiolitica e priva di speranza, non fatico ad
immaginarmi un mondo così sia realisticamente sia in linea ipotetica.
Proprio per questo trovo poco
credibile il comportamento dell’uomo. Infatti è troppo morbido col figlio. Non
dico che dovrebbe trattarlo male, ma educarlo alla durezza perché il mondo dove
vivono è spietato. Uccidi o sarai ucciso, letteralmente. Invece vediamo il
padre che rinuncia ad un cane quando non c’è cibo perché il bambino non ha
voluto ammazzare il cane. Ma sei scemo? State per morire di fame e non uccidi
per non impressionare il bambino o non vuoi che veda cose brutte? Posso capire
non cedere al cannibalismo come gli altri umani, se non altro perché si sarebbe
davvero nemici, senza possibilità di appoggio o sopravvivenza costruttiva (come
effettivamente è e vengono descritte scene agghiaccianti), ma la fame è un
imperativo. Ci si trova nella condizione più naturale possibile, quella di
dover sopravvivere e dunque di dover uccidere per necessità. Normalmente non ci
si uccide tra membri della stessa specie, ma si caccia tra quelle altrui. In un
mondo privo di risorse, tranne qualche ritrovo fortunato di cibo del vecchio
mondo, ecco, io penso che mi adatterei e al diavolo la sensibilità. Ora capisco
anche i comportamenti della madre, quel poco che viene nominata, dura e senza
pietà. Capisco essere una mente illuminata, far sopravvivere un'oasi damore, trovo però che le circostanze rendano l'elemento poco realistico.
Questo libro è privo di capitoli,
si tratta di scene spezzate e tutte collegate da un filo sottile, una specie di
flusso di pensiero. Alterniamo il presente a qualche ricordo dell’uomo. Il linguaggio utilizzato è semplice, privo di orpelli, scarno ed essenziale in ogni aspetto. Non c'è da abbellire nulla.
L’impressione è che la terra sia
diventata una specie di luna, arida, quasi del tutto priva di vita, semi
disabitata ed ostile. E’ un ambiente inquietante, spaventoso e desolante, dove
assistere a scene brutali e violente è la norma. Nessuna speranza, solo la
certezza che la vita non è del tutto
estinta.
Personalmente questa lettura mi
ha dato molto malumore perché non ispira sentimenti positivi, anche se fa
ragionare e sperare che noi uomini sapremo evitare questo futuro.
Non lo segnerò nei da leggere.
RispondiEliminaUn tema così apocalittico in un periodo della nostra vita così inverosimile non deve essere stato facile.
Grazie della recensione.
E sto leggendo di peggio per um gruppo di lettura :L'ombra dello scorpione di king. Bellissimo libro, ma molto immerso nel discorso contagi.
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