03/03/20

Recensione di Testimone inconsapevole di Gianrico Carofiglio

Trama:  È stato ucciso un bambino di nove anni. Il piccolo corpo, privo di tracce di violenza sessuale, viene ritrovato nel fondo di un pozzo. Un delitto atroce, del tutto inspiegabile, di cui è accusato, dopo rapide indagini, un ambulante senegalese, Abdou Thiam, che lavora nella spiaggia vicino la casa dei nonni dove il bambino è solito giocare. Inchiodano il senegalese indizi e testimonianze, ma soprattutto una foto e le dichiarazioni di un barista. Un destino processuale segnato: privo di mezzi, lo attendono una frettolosa difesa d’ufficio e vent’anni con rito abbreviato. Ma è un destino che si scontra con quello di un avvocato in crisi che trova, nella lotta per salvare Abdou in una spasimante difesa, un nuovo sapore alla vita. Abdou è davvero innocente? E come demolire la montagna accusatoria? Si dice che il rito processuale italiano non sia adatto al genere del legal thriller, tanto popolare nel mondo anglosassone. Ma il racconto di Carofiglio dipana il suo intreccio in un’aula di tribunale seguendo passo passo il lavoro di una Corte d’Assise, con i giudici, gli avvocati di difesa e di parte civile, la giuria popolare, il pubblico accusatore: e nel gioco di queste parti, nel fraseggio della noia e del colpo di scena, o dell’acuto retorico e dell’affondo micidiale di una controprova, riesce a creare la tensione dell’attesa, a insinuare il dubbio e, soprattutto, a suscitare l’attesa trepida di una giustizia liberatoria.


Ho letto questo libro per pura casualità. Lo avevo già in libreria, ma non sapendo quando lo avrei letto. Ero anche un po’ titubante, ma è difficile che io bocci a priori un libro.

Il protagonista è l’avvocato Guido Guerrieri, un uomo che soffre di attacchi di panico, che è stato lasciato dalla moglie e che pure a lavoro inizia a languire. La svolta si presenta quando alla porta del suo studio bussa una cliente singolare con una richiesta altrettanto singolare: far riesaminare il caso di Abdou, un immigrato accusato dell’omicidio di un bambino che frequentava le spiagge di Monopoli. Il caso sembra disperato perché ci sono pochi appigli per presentare un ricorso e vincerlo, salvo puntare al minimo della pena. Però, lavorando sul nuovo incarico, emergono nuovi elementi e l’avvocato pian piano riprende a vivere, nonostante alti e bassi, aprendosi di nuovo un po’ al mondo.

Questa lettura è stata estremamente scorrevole, nonostante il timore, ma cercate di capire…Vi presentano il libro come legal thriller benché diverso dai colleghi d’oltreoceano e d’oltremanica poiché il sistema giudiziario italiano è, come minimo, lento. Invece la lettura si è rivelata veloce e piacevole, ovviamente priva di adrenalina, ma non è un elemento che rovina le vicende, anzi, vi è forse più umanità per quel poco che posso ricordare dell’esiguo numero di legal thriller letti.

La storia racconta il percorso dell’avvocato, che finalmente affronterà i suoi problemi anziché fuggire, ma anche la caccia alla verità e non al colpevole. D'altronde è facile accusare un immigrato ed interpretare a modo proprio indizi e dichiarazioni, condurre interrogatori e raccogliere in maniera poco esemplare registrazioni o cercare superficialmente prove, senza approfondimenti perché, tanto, è lo straniero, il diverso, il nemico.

In queste pagine è evidente che la realtà è complessa e non si può semplificare. Sono comunque contenta di aver scoperto questo autore che ho trovato qualitativo.


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