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10/03/20

Recensione di La strada di Cormac McCarthy

Trama: Un uomo e un bambino viaggiano attraverso le rovine di un mondo ridotto a cenere in direzione dell'oceano, dove forse i raggi raffreddati di un sole ormai livido cederanno un po' di tepore e qualche barlume di vita. Trascinano con sé sulla strada tutto ciò che nel nuovo equilibrio delle cose ha ancora valore: un carrello del supermercato con quel po' di cibo che riescono a rimediare, un telo di plastica per ripararsi dalla pioggia gelida e una pistola con cui difendersi dalle bande di predoni che battono le strade decisi a sopravvivere a ogni costo. E poi il bene più prezioso: se stessi e il loro reciproco amore. 


Dovevo leggere questo libro da anni e finalmente si è presentata l’occasione.

Si tratta di un libro affine alla distopia, un post apocalittico, ambientato nel mondo presumibilmente distrutto dal cambiamento climatico e dai disastri nucleari, dove ci si deve sempre guardare le spalle, essere cattivi, violenti e spietati.


E’ in questa cornice che si muovono un padre e suo figlio, sempre in movimento, con l’intento di raggiungere la costa e si portano sempre appresso un carrello per riporre alcune delle loro cose.
In questi giorni di contagio è una lettura decisamente ansiolitica e priva di speranza, non fatico ad immaginarmi un mondo così sia realisticamente sia in linea ipotetica.

Proprio per questo trovo poco credibile il comportamento dell’uomo. Infatti è troppo morbido col figlio. Non dico che dovrebbe trattarlo male, ma educarlo alla durezza perché il mondo dove vivono è spietato. Uccidi o sarai ucciso, letteralmente. Invece vediamo il padre che rinuncia ad un cane quando non c’è cibo perché il bambino non ha voluto ammazzare il cane. Ma sei scemo? State per morire di fame e non uccidi per non impressionare il bambino o non vuoi che veda cose brutte? Posso capire non cedere al cannibalismo come gli altri umani, se non altro perché si sarebbe davvero nemici, senza possibilità di appoggio o sopravvivenza costruttiva (come effettivamente è e vengono descritte scene agghiaccianti), ma la fame è un imperativo. Ci si trova nella condizione più naturale possibile, quella di dover sopravvivere e dunque di dover uccidere per necessità. Normalmente non ci si uccide tra membri della stessa specie, ma si caccia tra quelle altrui. In un mondo privo di risorse, tranne qualche ritrovo fortunato di cibo del vecchio mondo, ecco, io penso che mi adatterei e al diavolo la sensibilità. Ora capisco anche i comportamenti della madre, quel poco che viene nominata, dura e senza pietà. Capisco essere una mente illuminata, far sopravvivere un'oasi damore, trovo però che le circostanze rendano l'elemento poco realistico.

Questo libro è privo di capitoli, si tratta di scene spezzate e tutte collegate da un filo sottile, una specie di flusso di pensiero. Alterniamo il presente a qualche ricordo dell’uomo. Il linguaggio utilizzato è semplice, privo di orpelli, scarno ed essenziale in ogni aspetto. Non c'è da abbellire nulla.
L’impressione è che la terra sia diventata una specie di luna, arida, quasi del tutto priva di vita, semi disabitata ed ostile. E’ un ambiente inquietante, spaventoso e desolante, dove assistere a scene brutali e violente è la norma. Nessuna speranza, solo la certezza  che la vita non è del tutto estinta.

Personalmente questa lettura mi ha dato molto malumore perché non ispira sentimenti positivi, anche se fa ragionare e sperare che noi uomini sapremo evitare questo futuro.

2 commenti:

  1. Non lo segnerò nei da leggere.
    Un tema così apocalittico in un periodo della nostra vita così inverosimile non deve essere stato facile.
    Grazie della recensione.

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    1. E sto leggendo di peggio per um gruppo di lettura :L'ombra dello scorpione di king. Bellissimo libro, ma molto immerso nel discorso contagi.

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