Trama: Il nuovo romanzo di Jonathan Coe: un quadro molto comico, ma ahinoi anche molto serio, della vita pubblica e privata in Gran Bretagna, dal 2010 al 2018. Tornano alcuni personaggi de La banda dei brocchi e di Circolo chiuso: Benjamin e Lois Trotter e i loro amici, che ritroviamo qui ormai alle prese con le grane dell’età che avanza. Ma l’attenzione del nuovo tragicomico romanzo del bardo inglese dei nostri tempi si concentra sui membri più giovani della famiglia Trotter, come la figlia di Lois, Sophie, ricercatrice universitaria idealista, che dopo un matrimonio poco probabile fatica a rimanere fedele al marito, soprattutto da quando le rispettive idee politiche si sono fatte sempre più distanti. Intanto la nazione sfrigola e questioni come il nazionalismo, l’austerità, il politicamente corretto e l’identità politica incendiano il dibattito e gli animi.
Del pubblico, racconta le elezioni del primo governo di coalizione di tutta la storia britannica, le rivolte del 2011, i Giochi olimpici del 2012 e, naturalmente, il tellurico referendum per la Brexit del 2016. Del privato, mostra come questi eventi impattino sulle vite dei Trotter, una tipica famiglia delle Midlands inglesi.
Middle England è la conclusione della serie cominciata
con La banda dei brocchi che vede cominciare le vicende negli anni ’70 per
vederle concluse tra 2018 e 2019, attarversando due/tre generazioni di inglesi.
La famiglia Trotter fa da filo conduttore nella
trilogia perché è sempre presente, così come le persone con le quali
intrattiene relazioni.
Quel che mi lascia esterrefatta è che ogni volta
l’autore sembra aver dato una direzione alla storia e non è così, nel libro
successivo si ribalta tutto. Mi destabilizza un po’ benché abbia senso.
Londra è un melting pot, una città multiculturale che,
per esempio, a Sophie Coleman Trotter, uno dei personaggi con più spazio nel
libro ed in cui mi rispecchio un po’ come mentalità, piace perché moderna e
ricca di possibilità, ma che al nonno, conservatore, fa venire l’orticaria.
La gente inizia a provare rabbia, torna il razzismo
benché in forme diverse, non esiste più il vero benessere, sempre più persone
vivono male, si vede la corruzione del potere, la tolleranza è un’impressione, ci
si batte per nuovi diritti civili come i matrimoni gay, le minoranze hanno
diritti ma sono mal viste e la loro difesa a volte porta a paradossi perché
tutto può essere interpretato come un attacco a chi ne fa parte, in rete tutto
si gonfia ed una vita può uscirne distrutta. I tempi, insomma, sono complicati.
Ci sono disordini nel 2010/2011 simili a quelli avuti
in Italia, in cui i giovani spaccano tutto in giro, ma in Inghilterra si
rivelano più come attacchi alle grandi catene, viste come simbolo del potere
dominante.
Helena, la suocera di Sophie, è l’esempio peggiore di
inglese. Bigotta, chiusa, razzista, afferma che gli inglesi vivono sotto una
dittatura dove si preferiscono le minoranze ed il politicamente corretto, che
l’uomo bianco è sottomesso, quando non si può generalizzare così. Anche suo
figlio Ian la pensa come lei, per lo più, ed è un marito insicuro ed un po’
egoista, incapace di capire la moglie.
Si parla di Brexit, del fatto che non si pensava
avrebbe vinto la volontà di uscire per quanto risicata. Si assiste alla
vittoria dei conservatori, della destra.
Questo romanzo, scritto come sempre in maniera
semplice ma efficace da Coe, ci racconta la vita vera che non è mai semplice,
non rimane uguale, spesso le cose si rovinano o vanno male quindi non può
esserci il perfetto happy ending. E’ sicuramente un esperimento riuscito che ci
trasporta dal 1970 ad oggi, descrivendo con abilità ogni decennio, anche se a
me sono familiari per lo più gli ultimi vent’anni.
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