15/03/18

Recensione di Fai bei sogni di Massimo Gramellini

Trama: Fai bei sogni è la storia di un segreto celato in una busta per quarant'anni. La storia di un bambino, e poi di un adulto, che imparerà ad affrontare il dolore più grande, la perdita della mamma, e il mostro più insidioso: il timore di vivere. Fai bei sogni è dedicato a quelli che nella vita hanno perso qualcosa. Un amore, un lavoro, un tesoro. E rifiutandosi di accettare la realtà, finiscono per smarrire se stessi. Come il protagonista di questo romanzo. Uno che cammina sulle punte dei piedi e a testa bassa perché il cielo lo spaventa, e anche la terra. Fai bei sogni è soprattutto un libro sulla verità e sulla paura di conoscerla. Immergendosi nella sofferenza e superandola, ci ricorda come sia sempre possibile buttarsi alle spalle la sfiducia per andare al di là dei nostri limiti. Massimo Gramellini ha raccolto gli slanci e le ferite di una vita priva del suo appiglio più solido. Una lotta incessante contro la solitudine, l'inadeguatezza e il senso di abbandono, raccontata con passione e delicata ironia. Il sofferto traguardo sarà la conquista dell'amore e di un'esistenza piena e autentica, che consentirà finalmente al protagonista di tenere i piedi per terra senza smettere di alzare gli occhi al cielo.

Questa è una lettura che è stata proposta nel gruppo della biblioteca. Non so se lo avrei comunque letto, mi ispirava e anche no, ma il gruppo ha deciso e dunque ho letto.

La storia è quella di Massimo, nato nel dopo guerra, probabilmente negli anni 60 circa, che alle soglie della mezza età fa più o meno volontariamente, un viaggio nel passato per scoprire delle verità su cosa e su chi lo ha trasformato nell'uomo che è oggi.

Quando era un bambino sua mamma è venuta a mancare a causa di un tumore.
La famiglia non gli ha mai parlato in assoluto della malattia della mamma e quindi quando accade è tutto improvviso, forte, dilaniante ed ha portato alla crescita di un aggressivo-passivo. Atteggiamento che mi ha alquanto innervosita. Va bene attutire il colpo, ma negarlo e poi farlo franare addosso anche no. Eppure nelle famiglie tacere per evitare dolore ai bambini è una routine.
Diciamo che è venuto su un pò a caso. Certo, col papà che aveva... Burbero, tutto d'un pezzo, rigido, poche frivolezze, concedeva al figlio giusto le partite del Toro che giocava letteralmente sotto casa loro. Ha fatto il possibile, ma non c'è mai stato tanto spazio per coccole, confessioni ad abbracci. 
La tata scelta poi,  Mita, è un pezzo di legno e di aridità immane. Qualche buono sprazzo c'è stato, ma mai assaporato appieno.
In ogni caso diventa adulto e no, non vi dico cosa farà sennò poi mica vi mettete a leggere il romanzo! Ovviamente i drammi personali non fermano la vita.

Quello che non mi è piaciuto? 
Il vittimismo del protagonista! Non lo ammette mai, forse in un'occasione ci va vicino, ma la maremma... Tutto in relazione alla madre! Tesoro, mi lamento anche io, ma sarei ancora qui a girare in circolo continuassi a lamentarmi della mia infanzia ed usando i tuoi stratagemmi.
E poi la scorrevolezza del libro. Normalmente un pregio qui rischia di essere un difetto. Ci sono bei messaggi importanti, ma la scrittura è così leggera che scivolano proprio addosso.C'è commozione alla fine, ma ho dovuto aspettare le ultime dieci pagine per sentire qualcosa di serio!
Poi c'è anche l'umorismo , però così light che dovevo stare attenta per sentirmi lieta e vagamente divertita mentre leggevo quelle righe, ad esempio durante i suoi anni di scuola o con alcuni scambi fatti a casa.
Mi spiace non essermi entusiasmata, il romanzo aveva le giuste carte, soprattutto perchè l'autore stesso ammette che è ispirata alla sua vita (presumo circa la scomparsa della mamma anche se immagino non nelle stesse identiche dinamiche).
In ogni caso mi ha insegnato che gli effetti del silenzio sono in ogni caso distruttivi. Non parlare prima, durante e dopo porta a grandi conseguenze.
Solo mi chiedo quei "ginocchi" è stato casuale? So che ormai "bracci, ginocchi, etc" non sono considerati errori, ma una maestra molto rigida ci ha bacchettato senza sosta su questi dettagli. Così come  su "non che lei nutriva un pregiudizio nei mie confronti" a pagina 42 lo avrei visto meglio con un "che lei nutrisse..". Non sono un editor, non sono un'insegnante quindi posso benissimo aver preso una cantonata e me ne scuso. Magari è stato voluto per rendere veritiera la scrittura.

Non credo sia un romanzo da leggere in ogni momento della vita, ma grazie allo stile di scrittura certamente non è necessario vivere un momento di pesantezza o leggerlo per rendere meno frivolo un momento di leggerezza. E' adattabile. Certo è che fa riflettere e sicuramente commuovere da morire chi lo sentirà nelle proprie corde.
Nel mio caso sono stata toccata a metà, salvo alla fine, all'esperienza di Massimo a Sarajevo ed all'inizio, a pagina 20. Peccato.

Ecco i passi più belli:

"Molto più importante di quello che sappiamo o non sappiamo è quello che non vogliamo sapere"- Eric Hoffer

"Breve riposo dona alla mamma, Signore. Svegliala, falle un caffè e rimandala subito qui. E' mia mamma, capito? O riporti giù lei o fai venire su me. Scegli tu. Ma in fretta. Facciamo che adesso chiudo gli occhi e quando li riapro hai deciso? Così sia."

6 commenti:

  1. Ciao! Pur condividendo le tue riflessioni sulla leggerezza della scrittura e sulla presenza di un certo vittimismo, devo dire che a me il libro è piaciuto. Ho apprezzato anche il film :-)

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    1. Magari devo vedere il film per apprezzare di più. Probabilmente, per come sono fatta io ,rende meglio.
      Purtroppo/per fortuna di fronte ad ogni lettura abbiamo reazioni diverse :-)

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  2. Mi era stato consigliato dalla bibliotecaria e boh, non mi ha fatto né caldo né freddo XD

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    1. Il tentativo l'ho fatto e mi è andata male. pazienza.... ;-P

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  3. Come trama mi ispira però... boh, vedrò se lo leggerò.

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    1. Magari per i momenti "ni", quando non sai cosa leggere. Occupa il tempo e tutto sommato dà emozioni.

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