Onestamente ho sentito parlare di Jonathan Coe qualche mese fa e non era proprio convinta di volerlo leggere.
Mi sono fatta tentare da un gruppo di lettura a provare questo romanzo, paradossalmente il primo, anche perché molto breve.
Quel che non mi aspettavo è che potesse conquistarmi.
La protagonista indiscussa è Maria, una ragazza qualunque, come tante forse no perché è chiusa, poco abituata a dimostrare affetto, ad esporsi, studia, è solitaria. Insomma, una "stramba", un'asociale anche per altri versi. Un'anomalia anche tra gli stessi inglesi.
Quel che conquista è la capacità narrativa di Coe, il suo stile, il suo ritmo. Narra la storia di Maria come se fosse una vecchia amica, qualcuno che conosce intimamente ed infatti noi conosciamo proprio come pensa perché l'autore è letteralmente nella sua testa, sa descrivere i suoi pensieri.
Ho sentito Maria molto affine a me come carattere. Siamo ovviamente diverse, ma ho molti lati in comune con lei: sono schiva e leggo, anche se ho più forza impositiva nel mio carattere ed una vita più coinvolgente.
La sua è veramente una vita come tante, anche se Coe ci va giù pesante quando descrive le cose che andranno male nella vita della giovane. Sono veri e propri pugni che arrivano addosso al lettore.
Il tutto racchiuso in una scrittura agile e graffiante, che descrive i fatti in maniera minuziosa, ma da lontano, con una certa distanza, come se la cosa non dovesse toccare o riguardare il narratore oltre il necessario. E' ironico quando ci informa che alcune cose non è importante che le conosciamo, ce le accenna in maniera scarna e chiude lì il discorso. A me è venuto quasi da dire : "e allora che me lo dici a fare?".
Adesso è probabile che io legga altro di questo scrittore anche se mi hanno avvisato che le sue opere sono diverse come stile e struttura, ma sempre valide. Con un inizio così sono pronta a tutto!
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