25/03/13

Recensione de il posto dei miracoli di Grace McCleen

Trama: In mano ai bambini uno scampolo di velluto a coste può diventare un campo coltivato e la carta delle caramelle un arcobaleno. Una matassa di filo è un gatto e uno scovolino da pipa un uomo, e le cose parlano e le cose ascoltano. I bambini hanno milioni di segreti e un amico immaginario a cui raccontarli. E, in un mondo ideale, una schiera di sentinelle adulte a proteggere tutto questo. A certi bambini, invece, capita di crescere in un mondo di divieti, dove la Legge Fondamentale pretende un occhio per un occhio e una vita per una vita, e la fine dei tempi è sempre in agguato. Un mondo di bibliche punizioni dove la fantasia è un peccato e le cose servono solamente e non parlano. Judith McPherson è fra quei bambini. Suo padre è un ardente «Fratello» di una setta millenarista che obbliga i suoi membri al proselitismo porta a porta in attesa dell'Armageddon che spazzerà via il mondo e trasporterà i pochi salvati nella Terra Promessa, adornamento di tutti i paesi. La «Terra dell'Adornamento» di Judith ha un aspetto molto concreto. È fatta dei materiali di scarto che da quasi tutta la vita la bambina va raccogliendo nelle sue peregrinazioni solitarie e dei pochi oggetti ricevuti in eredità dalla madre, ed è il luogo in cui trova rifugio da ogni minaccia. Come tutti i diversi, i McPherson non sono troppo popolari nella cittadina operaia in cui vivono, e mentre il padre si attira le ire dei sindacati rifiutandosi di aderire allo sciopero indetto nella fabbrica in cui lavora, Judith deve tentare ogni giorno di sfuggire alle angherie dell'immancabile bullo della classe, che l'ha prevedibilmente scelta come vittima designata. Per il giorno seguente, ad esempio, le ha promesso una morte per affogamento nei bagni della scuola e Judith sa che il solo modo per evitarlo è tenersi alla larga dall'edificio, ma come fare? Per una bambina come lei la magia di ogni gioco può chiamarsi miracolo, ed è con questa fede che, incitata da una voce disincarnata che sceglie di chiamare Dio, cosparge la Terra dell'Adornamento di zucchero e farina, e cotone e schiuma da barba e plastilina e gocce di colla, e la mattina seguente apre le tende della sua camera sul candore di una colossale nevicata fuori stagione. È il primo di una serie di miracoli, e l'inizio di un dialogo fitto con un Dio - versione mistica dell'amico immaginario? sintomo psichiatrico? autentica espressione del sovrannaturale? -, del quale Judith si convince di essere l'onnipotente strumento. Lei, una bambina di dieci anni che vorrebbe solo raddrizzare le cose storte.

 Libro insospettabilmente notevole.
Appena iniziato dopo nemmeno 40 pagine volevo metterlo giù e in alcuni momenti anche quando la lettura si è fatta più coinvolgente.
Diciamo che mi è sembrato troppo pieno di cristianità e mi viene un pò l'orticaria a sentire continui consigli come porgi l'altra guancia, sono prove e non dobbiamo vacillare, non sanno quello che fanno. Traducibile con sii pirla e fatti pestare. Spiacente, ma vivendo così non si va da nessuna parte. E ogni tanto, le nomine sparse dell'antico testamento,  ce lo ricordano con un crudo "occhio per occhio, dente per dente".
Però ho superato presto questo scoglio perchè Judith sa farsi notare. Quando la situazione scolastica e familiare inizia ad andare a rotoli la piccola inizia a parlare con una voce che lei chiama Dio, la quale le conferisce il potere di fare miracoli attraverso il suo mondo in miniatura che la piccola costruisce con tutto ciò che trova. Il primo miracolo che fa è far nevicare per evitare di essere affogata da Neil Lewis, il bullo della classe fino a ridurlo davvero alla frutta.

Ho amato molto ogni tema che si è presentato col romanzo.
L'antipatia che molte persone hanno da chi li chiama per domande religiose (molto probabilmente Judith e suo padre professano Geova o qualche ramo affine) di cui pochi hanno interesse, le barriere che la religione impone a chi la segue e che spesso sono un fardello per chi professa la fede.
Capisco chi si senta stufo a sentire il citofono e l'ideale sarebbe che organizzino incontri e stop. CHi vorrà sentire ascolterà andando agli incontri e si eviteranno situazioni spiacevoli come offese o risposte in malo modo.
Mentre proprio non riesco a capire e venire incontro alla fede cieca. La mia fede è veramente ai minimi storici e molto personalizzata, si limita alla creazione non avendo basi scientifiche per essa. Preferisco vivere una vita coi miei valori che non seguire una chiesa, soprattutto se come la nostra, ben poco pulita e contornata da ipocrisia persino nei suoi seguaci. Quanti parlano di "dover credere" e poi sono i primi a pugnalarti alle spalle, a non pregare, a non seguire i precetti professati? Meglio malvista che ipocrita. COn tutto il rispetto per chi davvero crede.
La cosa che odio della fede cieca è che si deve credere senza porsi dubbi e io personalmente lo vedo come l'omicidio del cervello.

Si parla anche di bullismo e di come, anche se è difficile, si possa superare e magari far sentire il bullo inferiore. Ma si va anche oltre e si analizza il perchè il bullo sia così capendo che chiaramente non è nato così ma che lo si è fatto diventare così, vuoi per essere stato ignorato come tirannizzato da genitori poco presenti. Non che si debba scusarlo, ma almeno si conoscono le origini.

Si discute di fede, una fede che Judith, implacabile, ha sempre. Lei che è sempre maltrattata in classe e non viene mai presa sul serio dal padre o ascoltata. All'inizio credevo che fosse un uomo insensibile. Quando la sua forte fede si è affievolita è riemerso l'uomo ed abbiamo capito che era solo un padre preoccupato per la situazione lavorativa e del futuro della figlia.

Vediamo anche i mille volti di una città. Il lato bene, l'ipocrisia, la poca tolleranza per il diverso, le zone periferiche e con gente problematica. Il caos ed i problemi che causa lo sciopero di unaa fabbrica i cui dipendenti si spezzano la schiena per portare aria a casa. Però conosceremo anche brave persone che si donano agli altri per puro altruismo, credenti o meno e sono quelle che ci danno una speranza così come una speranza ci viene dato dal finale del libro che ci invita a non arrenderci mai, a sperare ed avere fede, qualunque essa sia (benchè nel libro si parla di fede esclusiva in Dio).

"Io conosco la fede. Il mondo nella mia camera è fatto per fede. Ho cucito le nuvole. per fede ho ritagliato la luna e le stelle. Con fede ho incollato tutto assieme e gli ho dato vita. Questo perchè la fede è come l'immaginazione.
Vede qualcosa dove non c'è niente, fa un balzo, e a un tratto stai volando."

"Ed ecco come ho scoperto che tutto è possibile, in ogni momento e in ogni luogo e per ogni sorta di persone. Se pensate di no è perchè non riuscite a vedere quanto ci siete vicini, quanto avete bisogno solo di una piccola cosa perchè tutto venga a voi."

4 commenti:

  1. . COn tutto il rispetto per chi davvero crede.
    La cosa che odio della fede cieca è che si deve credere senza porsi dubbi e io personalmente lo vedo come l'omicidio del cervello.
    parole sante..la fede è ok..ma bisogna essere sempre pronti a discutere e mettere in dubbio le nostre convinzioni.
    bella recensione

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    1. Scrivendo quella frase pensavo a un conoscente musulmano che crede punto. Chiedi qualcosa e dice "é cosi ". Vietatele maglie con l occhio vietato, no musica mentre si mangia, no metal. Al momenti delle spiegazioni:perché dio ha detto cosi.
      ma perché? Usa quel cervello e fatti delle domande!!!

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  2. Bella recensione.
    Sono assolutamente d'accordo con te per quello che hai scritto sulla fede...il fatto di sapersi confrontare e mettere alla prova le proprie convinzioni è alla base di ogni sana attività cerebrale!
    Di questo libro mi ha colpito da subito la copertina quando l'ho visto in libreria, ma la trama non mi diceva granché.
    Insomma non è un libro leggero...credo che bisogni essere dell'umore giusto per leggerlo...

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    1. É' vero la copertina é splendida.
      A favore del tema difficile c é da dire che si é facilitati dalla scrittura semplice e scorrevole e dalla narrazione che predilige i punti di vista della bambina.

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