Trama: «Una volta ogni tanto, poteva anche sorridere. La vita poteva anche sorridere. E Rocco lo fece alzando la testa al cielo».
C’è un’azione parallela, in questa inchiesta del vicequestore Rocco Schiavone, che affianca la storia principale. È perché il passato dell’ispido poliziotto è segnato da una zona oscura e si ripresenta a ogni richiamo. Come un debito non riscattato. Come una ferita condannata a riaprirsi. E anche quando un’indagine che lo accora gli fa sentire il palpito di una vita salvata, da quel fondo mai scandagliato c’è uno spettro che spunta a ricordargli che a Rocco Schiavone la vita non può sorridere.
I Berguet, ricca famiglia di industriali valdostani, hanno un segreto, Rocco Schiavone lo intuisce per caso. Gli sembra di avvertire nei precordi un grido disperato. È scomparsa Chiara Berguet, figlia di famiglia, studentessa molto popolare tra i coetanei. Inizia così per il vicequestore una partita giocata su più tavoli: scoprire cosa si cela dietro la facciata irreprensibile di un ambiente privilegiato, sfidare il tempo in una corsa per la vita, illuminare l’area grigia dove il racket e gli affari si incontrano. Intanto cade la neve ad Aosta, ed è maggio: un fuori stagione che nutre il malumore di Rocco. E come venuta da quell’umor nero, un’ombra lo insegue per colpirlo dove è più doloroso.
Il terzo romanzo della serie di Rocco Schiavone, Non è stagione, è un noir di azione. Ma è insieme il vivido ritratto di un uomo prigioniero del destino. Un personaggio tragico, complesso e consapevole.
Dopo svariati mesi, eccomi al terzo appuntamento con Rocco Schiavone, protagonista assoluto dei volumi scritti da Antonio Manzini.
In questo volume al vicequestore cadono in testa numerose rotture di coglioni di decimo grado.
E' ad Aosta da nove mesi, il tempo inizia ad essere clemente e primaverile, ma mica tutto può andare bene. Infatti, prima Rocco verrà scomodato per l'incidente mortale di due uomini sul loro furgone, dotato però di targa rubata, e poi dall'architetto Pietro Bucci Rivolta e sua figlia che lo metteranno sulle tracce dell'amica della ragazza, scomparsa in maniera anomala, in circostanze che renderanno necessario a Schiavone movimenti nell'ombra. I due casi, apparentemente scollegati, sono in realtà la toppa posta all'ingresso di un nido di vespe pericolose.
Manzini resta un maestro nell'arte dell'intreccio. Vita privata di Schiavone, indagini, trame parallele ed apparentemente senza collegamento, dettagli, tutto concorre a costruire un romanzo eccellente.
Non mancheranno le risate grazie a Deruta e D'Intino, caricaturali e croce/valvola di sfogo del vicequestore, ma è impossibile pensare di leggere e non trovare i soliti noti: Italo Pierron, Caterina Rispoli, il mitico Alberto Fumagalli. Verrà data luce poi anche ad Antonio Scipioni e ad i vari personaggi della vicenda, anche i meno noti, che però risulteranno fondamentali per la risoluzione del caso.
Rocco resta un personaggio controverso, in alcuni momenti proprio non mi piace, ma ribadisco che preferirei uno "stronzo" così a persone melliflue, falsamente disponibili, se non altro perché è dotato di senso di giustizia, umorismo, sensibilità. Leggendo si percepisce che non ammette il suo dolore, ammiriamo l'uomo solo, tetro e cinico e dalla postazione di lettori però intravediamo l'oceano della sofferenza che cela.
E ci fa anche ammazzare dalle risate quando esprime le caratteristiche, sacrosante, che un tramezzino deve avere o i battibecchi col genere femminile.
Insomma questo romanzo è ben calibrato, intelligente e soprattutto non scontato, pieno di personaggi che sembrano persone vere, che potrei incontrare fuori dalla porta di casa.
Si trovano logica, azione, sentimenti. Un mix perfetto.
Manzini poi che fa? Si accontenta? No, ci lancia un'ulteriore sottotrama che chiude il libro facendoci morire di tachicardia e dolore perché è tanto geniale quanto spietato. Il passato bussa alla porta del vicequestore e lo fa senza i guanti di velluto.
Chi non legge Manzini, per qualunque motivo, non sa cosa si perde.
In questo volume al vicequestore cadono in testa numerose rotture di coglioni di decimo grado.
E' ad Aosta da nove mesi, il tempo inizia ad essere clemente e primaverile, ma mica tutto può andare bene. Infatti, prima Rocco verrà scomodato per l'incidente mortale di due uomini sul loro furgone, dotato però di targa rubata, e poi dall'architetto Pietro Bucci Rivolta e sua figlia che lo metteranno sulle tracce dell'amica della ragazza, scomparsa in maniera anomala, in circostanze che renderanno necessario a Schiavone movimenti nell'ombra. I due casi, apparentemente scollegati, sono in realtà la toppa posta all'ingresso di un nido di vespe pericolose.
Manzini resta un maestro nell'arte dell'intreccio. Vita privata di Schiavone, indagini, trame parallele ed apparentemente senza collegamento, dettagli, tutto concorre a costruire un romanzo eccellente.
Non mancheranno le risate grazie a Deruta e D'Intino, caricaturali e croce/valvola di sfogo del vicequestore, ma è impossibile pensare di leggere e non trovare i soliti noti: Italo Pierron, Caterina Rispoli, il mitico Alberto Fumagalli. Verrà data luce poi anche ad Antonio Scipioni e ad i vari personaggi della vicenda, anche i meno noti, che però risulteranno fondamentali per la risoluzione del caso.
Rocco resta un personaggio controverso, in alcuni momenti proprio non mi piace, ma ribadisco che preferirei uno "stronzo" così a persone melliflue, falsamente disponibili, se non altro perché è dotato di senso di giustizia, umorismo, sensibilità. Leggendo si percepisce che non ammette il suo dolore, ammiriamo l'uomo solo, tetro e cinico e dalla postazione di lettori però intravediamo l'oceano della sofferenza che cela.
E ci fa anche ammazzare dalle risate quando esprime le caratteristiche, sacrosante, che un tramezzino deve avere o i battibecchi col genere femminile.
Insomma questo romanzo è ben calibrato, intelligente e soprattutto non scontato, pieno di personaggi che sembrano persone vere, che potrei incontrare fuori dalla porta di casa.
Si trovano logica, azione, sentimenti. Un mix perfetto.
Manzini poi che fa? Si accontenta? No, ci lancia un'ulteriore sottotrama che chiude il libro facendoci morire di tachicardia e dolore perché è tanto geniale quanto spietato. Il passato bussa alla porta del vicequestore e lo fa senza i guanti di velluto.
Chi non legge Manzini, per qualunque motivo, non sa cosa si perde.
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