11/09/21

Recensione di Prima di noi di Giorgio Fontana

 

Trama: Una famiglia del Nord Italia, tra l’inizio di un secolo e l’avvento di un altro, una metamorfosi continua tra esodo e deriva, dalle montagne alla pianura, dal borgo alla periferia, dai campi alle fabbriche. Il tempo che scorre, il passato che tesse il destino, la nebbia che sale dal futuro; in mezzo un presente che sembra durare per sempre e che è l’unico orizzonte visibile, teatro delle possibilità e gabbia dei desideri.

È questo il paesaggio in cui vivono e muoiono i personaggi di Giorgio Fontana, i Sartori, da quando il primo di loro fugge dall’esercito dopo la ritirata di Caporetto e incontra una ragazza in un casale di campagna. Poi un figlio perduto in Nordafrica, due uomini sopravvissuti e le loro nuove famiglie, per arrivare ai giorni nostri: quelli di una giovane donna che visita la tomba del bisnonno, quasi a chiudere un cerchio. Quattro generazioni, dal 1917 al 2012, che si spostano dal Friuli rurale alla Milano contemporanea affrontando due guerre mondiali e la ricostruzione, la ricerca del successo personale o il sogno della rivoluzione, la cattedra in una scuola e la scrivania di una multinazionale. È circa un secolo, che mai diventa breve: per i Sartori contiene tutto, la colpa, la vergogna, la rabbia, la frenesia, il viaggio. Sempre lo scontro e quasi mai la calma, o la sensazione definitiva della felicità. Ma i Sartori non ne hanno bisogno, e forse nella felicità neppure credono. Perché se in ogni posto del mondo bisogna battersi e lottare allora è meglio imparare ad accettare le proprie inquietudini, e stare lì dove la vita ci manda.
Romanzo storico e corale, vasto ritratto narrativo del Novecento italiano, il racconto dei Sartori affronta il fardello di un passato che sembra aver lasciato in eredità solo fatica e complessità, persino nei più limpidi gesti d’amore. Se gli errori e le sfortune dei padri ricadono sui figli, come liberarsene? Esiste una forza originaria capace di condannare un’intera famiglia all’irrequietezza? Come redimere se stessi e la propria stirpe? La risposta a queste domande è nella voce di un tempo nuovo, nello sguardo di chi si accinge a viverlo, nelle parole di uno scrittore di neppure quarant’anni che ha voluto affrontare con le armi della letteratura la povertà e il riscatto, la fede e la politica, il coraggio dei deboli e la violenza dei forti. 

Prima di noi è nel programma della sfida sulle saghe familiari de La libreria di Ciffa. Ed è un bel mattone! 886 pagine di saga familiare che copre la storia dal termine della prima guerra mondiale (tra 1917 e 1919) fino al 2012 circa.

Si tratta dell'epopea della famiglia Sartori che comincia con la diserzione di Maurizio Sartori e dall'incontro con la friulana Nadia Tassan  e prosegue con le vite di figli, nipoti e bisnipoti e con quelle di chi incrocia più o meno permanentemente la loro vita, spostando la scena nel milanese.
E' il ritratto di un secolo, di tutte le sue fasi e trasformazioni.
Attraverso le voci narranti si vive la fine del primo conflitto mondiale, la vita rurale, il passaggio alla città, il dopoguerra, la seconda guerra mondiale ed il relativo dopoguerra, la corsa nel nord per raggiungere i maggiori poli industriali che si espandono sempre più, le grandi fatiche per comprarsi casa (che oggi nessuno farebbe più), Piazza fontana, le BR, gli anarchici, il '68, l'inizio dell'era moderna, il conflitto nei Balcani...
Non  nemmeno menzionato tutto, forse ci vorrebbe un altro bestione così per farlo.
Non che la nostra attualità sia vuota, ma il '900 è stato "tanta roba" e mi ha fatto pensare che non è vero che viviamo in pace dall'ultimo conflitto. Certo, conflitti mondiali dichiarati non ce ne sono stati più, però l'Italia è stata a lungo turbolenta ed anche l'Europa ed altre aree del mondo. E' che, per fortuna, da noi sembra andare tutto bene, così male non va. Anche nella gran parte delle peggiori condizioni, raramente viviamo nella miseria o in situazioni di conflitto. Semmai è l'epoca del disagio interiore, comunque importante e che un tempo non è che non esistesse, veniva bollato come "problema da ricchi". D'altronde, se dovevi pensare a sopravvivere certo non pensavi ai patemi d'animo, a "sciocchezuole". Contavano solo lavoro e salute fisicia. Certo, altrove ci sono guerre e vere dittature, però non in Italia, dove per quanto ci sia da lavorare sui tanti problemi esistenti, male davvero non si vive.

I protagonisti ci portano davanti vari temi: la fuga all'estero, la capacità di sapersi adattare al lavoro disponibile e magari in linea con i nostri studi, la fatica tripla di una donna che vuole affermarsi sul lavoro, la difficoltà a parlare di disagio psichico o della propria omosessualità, tutte cose che si palesano bene dopo gli anni '80 e che ancora sono complesse da esternare.
I personaggi sono complessi e vivi, tridimensionali. Spesso mi sono stati antipatici, a volte ero d'accordo solo con qualche esternazione. Sono umani e mi hanno suscitato emozioni e pensieri che avrei provato per persone vere ed esistenti. Ad esempio, tizio può non piacermi ma posso apprezzare la fatica della sua dura vita oppure potrei essermi sbagliata su di lui (per dire, un bisnipote di Nadia, Dario, è un cretino intelligente ma la vita non è stata gentile con lui nell'infanzia ed è un elemento che dovrebbe rendermi empatica eppure lui la rende dura, mentre apprezzo il marito di Eloisa, una nipote di Nadia, che nel momento clou è un coxxxxne pur sembrando intelligente e protettivo), il tutto come se lo/li conoscessi.

E' un libro lungo, monumentale, eppure scorrevole e capace di dipingere quasi un secolo denso di storia.

Finito il 12/08/21


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