23/02/18

Recensione de La guerra del basilico di Nico Orengo

Trama: Un'alga assassina, la Caulerpia Taxifolia, infesta in modo misterioso la Riviera di Ponente e minaccia tutto il Mediterraneo. Sandra, una biologa italiana in missione a Montecarlo per collaborare col Museo Oceanografico, trova alloggio solo al di qua della frontiera, all'albergo «Tropicana», crocevia di storie e personaggi in fuga, nonché teatro di una storia d'amore perduta nel tempo i cui unici indizi restano una gonna gialla e una spropositata pianta di basilico. Sui moduli della commedia brillante tinta di giallo, il romanzo di Nico Orengo racconta storie di feticismo e di collezionismo, i misteri di una grande attrice giunta a Monaco, da oltreoceano, per girare Caccia al ladro con Hitchcock e le rivalità di un gruppo di scienziati intorno a un gravissimo problema di inquinamento. Il tutto visto da un albergo che si sfascia, giorno dopo giorno, metafora di un'Italia per troppo tempo pilotata come un Titanic.

Della serie libri che mai penserai di leggere! La colpa, al solito , è di un gruppo di lettura.
La storia è contemporanea ed assolutamente realistica.
La dottoressa Sandra Piovano è appena arrivata a Montecarlo per lavorare sull'alga Caulerpia Taxifolia, un'alga che sta uccidendo il Mediterraneo e che quasi certamente è sfuggita al Museo Oceanografico. La sua equipe però difficilmente l'aiuterà e degli imprevisti si registrano già all'arrivo in albergo. Lo Splendid risulta al completo, ma è stato preparato un altro alloggio per la dottoressa al Tropicana, 3 km dopo la frontiera. Dopo un'iniziale  irritazione però Sandra accetta di buon grado il cambiamento e ci vorrà molta capacità di adattamento.

L'albergo sembra assai in declino e la nuova ospite fa di tutto per venire incontro allo sventurato maitre, praticamente l'unico dipendente superstite. E già qui si apre una digressione sulla gestione tutta italiana delle cose. Il romanzo non è recente, ma è da tempo che nel bel paese la gestione va a rotoli e ne fanno le spese i dipendenti ed i clienti.
Ci sono altre riflessioni interessanti. Ad esempio sul lavoro che ci mangia la vita. Dovremmo vivere e lavorare per vivere, non vivere per lavorare. Si aspetta una vita la libertà della pensione e spesso si fa poi fatica ad impiegare il tempo per la libertà troppo a lungo inseguita.
Il nostro ambiente, il pianeta più in generale, non è certo a rischio da pochi giorni. Eppure c'è sempre chi è disposto ad insabbiare le prove dell'inquinamento e restio a fare qualcosa per salvarlo, anche quando può. Sarà pure un romanzo, ma ritrae fedelmente la furbizia dannosa, esclusiva non italiana, in ogni caso campo in cui qui si eccelle.
Adriano, il maitre, e l'autostoppista/collezionista Oscar sono invece uomini di rara saggezza e di inaspettato talento. Il loro aspetto non lo lascerebbe mai presagire, però nella pratica sono persone capaci di vedere oltre le superfici e che sanno più di quanto mostrano.
I titolari del Tropicana mi sembrano invece le versioni umane del Gatto e della Volpe di Pinocchio ed esempio perfetto dell'idea che ha una porzione di italiani di trovare la giusta fetta di mercato per far fioccare profitti (ed i due saranno a loro modo furbi, ma sono anche  avvocati e che non lo sanno che le uova d'oro non esistono?).

Questo, secondo me, è un romanzo che descrive molto bene l'Italia ed altri aspetti in cui tutto il mondo è paese e che pure si applica benissimo, forse ancora meglio, alla nazione al giorno d'oggi. In realtà è probabile che Orengo fosse addirittura ottimista vedendo come vanno le cose.
Purtroppo il finale è interrotto. La fine non c'è! Mi sento bidonata.. Volevo sapere come sarebbero andate 
 un paio di cose (certo, se ci penso lo so, ma sentirselo dire è diverso, metti che mi sbagli...).
In definitiva un buon romanzo che si legge in poco tempo, in grado di far riflettere ed al contempo di godersi una bella spiaggia a pochi chilometri dal confine francese.

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