07/08/17

Recensione di Eden di Alberto Azzini

Trama: In misterioso fermento sta imponendo a tutte le stirpi di radunarsi nella terra di Sennaar, il luogo dove un tempo vi era il paradiso terrestre. Proprio lì, il primo sovrano del mondo sta erigendo una torre colossale tramite la quale intende collocare il suo trono al di sopra della folgore e della tempesta, al fine di celebrare il principio dell'era che vedrà l'uomo asservire l'intero pianeta. Purtroppo è scritto nelle stelle che il destino degli ultimi pastori di greggi sia quello di essere trucidati come agnelli, al fine di pascere l'ambizione e la lussuria della regina Semiramis. Tuttavia sarà proprio scampando a tale sanguinosa sorte che Tarsis e Rebecca ritroveranno la strada che riconduce in Eden, consentendo loro di fuggire da un mondo ogni giorno più crudele e spietato.

Ho ricevuto questo libro in aprile dall'autore, ma è stata un'impresa trovare il tempo per leggerlo.
Infatti ci tengo moltissimo a scusarmi per la lunghissima ed imperdonabile attesa!

Eden è un romanzo fantasy di stampo classico, anche se secondo me non lo è nel senso stretto del termine. E' più esatto definirlo un racconto ambientato in tempi lontani poichè di fantasy non c'è molto, se non nulla. Lo trovo ispirato a fatti religiosi.
Infatti leggendo sempre più si penserà al diluvio universale. Innanzitutto la storia è ambientata nei pressi del Tigri e l'Eufrate, non lontano dai giardini dell'Eden nella terra di Sennaar.
Protagonista è Tarsis, figlio di Javan, a sua volta nipote di Noah e con le sue genti, un popolo di pastori, vivono ritirati ed in pace finchè non giungerà Misraim coi suoi sgherri a portare scompiglio. Infatti il suo signore Nembrod sta riunendo tutti i popoli sotto al proprio vessillo a Babel ed Erek, nella terra di Sennaar e rifiutare non è un'opzione accettabile. E' il primo sovrano del mondo.
Lui fa parte della stirpe di Cam, figlio di Noah, cacciato dal padre in seguito al suo comportamento egoista e pieno di sè, compiaciuto fin troppo della sua opera e pronto all'inganno.
I riferimenti biblici sono molteplici.

In questo romanzo si respirano atmosfere nostalgiche e lontane, quando tutto era più semplice. Sembra un mondo "neonato" ed in effetti parliamo del romanzo dell'alba dei tempi. Si nota.
Ma ci insegna anche che il male dell'uomo è credersi superiore e crogiolarsi nella propria opera, volgendo facilmente alla malvagità.
Un altro importante dettaglio è che le violenze ci sono, anche certi aspetti più subdoli e "disgustosi" come l'atteggiamento della regina Semiramis nei confronti del figlio Nembrod, comportamenti non esattamente da madre. Però il dettaglio più apprezzabile è che tutto ciò viene descritto con gusto, senza eccesso di volgarità e senza suscitare raccapriccio nel lettore.
Il linguaggio è estremamente ricercato e dettagliato, raramente ho letto un libro scritto talmente bene, calibrato e sta diventando una rarità in un mondo di pubblicazioni dove almeno l'errore di battitura c'è. Però devo dire che è un pregio e un difetto. Un pregio per la qualità, indiscussa, per la possibilità di arricchire il vocabolario e dilettarsi. Difetto perchè un lettore annoiato o stanco non ha intenzione di sforzarsi a leggere. Mentre una persona che fa difficoltà a leggere "difficile" non ha voglia di decifrare ogni parola, dunque può essere un deterrente alla lettura. Unico dettaglio c'è stato un utilizzo "esteso" della parola tergo. Non mi ha dato fastidio, non era presente in ogni pagina, ma si è sentito, tutto qui.

In sintesi un romanzo che si fa leggere godibilmente se si ama un registro di livello superiore allo scorrevole e che capatapulta in tempi antichi e magici.


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