19/08/17

Recensione de Il padrone del mondo di Robert Hugh Benson

Trama: Scritto nel 1907 questo romanzo profetico racconta l'ascesa del grande filantropo Giuliano Felsemburgh, democratico e rassicurante, fautore della pace mondiale, che realizza un mondo ideale con l'avvento di un nuovo umanitarismo che stempera le differenze fra le religioni e predica la tolleranza universale. Tutto viene accettato fuorché la Chiesa Cattolica, che - sempre in nome della tolleranza - viene straziata fin quasi alla sua completa eliminazione. Comunicazioni istantanee in tutto il mondo, trasporti aerei e sotterranei, luce solare artificiale, un parlamento europeo, attentati con kamikaze, il crollo della Russia, la crisi delle vocazioni, l'apostasia di preti e vescovi, la persecuzione e la solitudine del Papa: tutti elementi che oggi fanno parte della nostra storia e della nostra quotidianità e che in questo romanzo sono stati descritti con impressionante realismo. Il Padrone del mondo racconta il venir meno della fede cristiana non a causa di una persecuzione pubblica ma attraverso la subdola religione umanitaria del relativismo. La speranza è riposta nell'Unico che rimane fedele per sempre e nel Suo glorioso ritorno.

Questo è il secondo distopico d'altri tempi che leggo, antecedente di molti anni 1984 di George Orwell.
Onestamente non so cosa pensarne perchè già la lettura di 1984 mi aveva provata molto.

Posso dire di essere sorpresa dal fatto che questo libro sia stato scritto da un cattolico, prima anglicano, un prete, figlio dell'Arcivescovo di Canterbury. Come gli è venuta l'idea? Perchè questo romanzo è ambientato nel futuro, un futuro anche eccessivamente accurato rispetto al 1907, anno di pubblicazione del libro. In questo avvenire la religione verrà considerata una sciocchezza. Il mondo sarà pervaso dall'ateismo, l'eutanasia sarà considerata addirittura nobile, verrà perseguita solo la ragione.

Il prologo del libro l'ho trovato confuso e difficile da seguire. Secondo  me l'autore ci inizia a questo futuro come se ne facessimo già parte ed è un pò difficile stare dietro a quanto si dicono padre Percy Franklin, padre Francis e Mr Templeton, signore che ha vissuto dagli albori i cambiamenti della società.
Poi la storia parte, anche se comunque risulta sempre fredda, con l'entrata in scena di Oliver Brand, solido membro del governo londinese, dei suoi impegni lavorativi, dell'impegno politico, di sua moglie Mabel che sembra un pò frivola e totalmente dipendente dalle labbra del marito (si beve ogni ragionamento che fa anche se inizialmente è dubbiosa), della madre del signor Brand che è vagamente attaccata alla religione cattolica, questione che preoccupa suo figlio, razionalista e nemico della religione intesa come idiolatria individualista.
Comparirà sulla scena Julian Felsenburg, misterioso politico americano, che sarà in grado di appianare le divergenze tra i paesi (sostanzialmente divisi tra Americhe, Africa-Europa e Asia) grazie alle sue abilità linguistiche e diplomatiche.
Nemmeno da dire che  i cattolici non staranno zitti e cercheranno di attuare i loro piani per la diffusione della parola di Cristo. Ovviamente i piani cambieranno in seguito alle situazioni che evolveranno rapidamente ed in maniera assolutamente controversa ai cristiani dall'apparizione di Felsenburg.

Questo romanzo è ufficialmente distopia, per un ateo sembra un'utopia, quindi non si trova in accordo con il senso di disagio provato da un cattolico che legge questo libro, che comunque dispone del suo contrario, "L'alba di tutto", dove la situazione è ribaltata (questa è distopia! Anche se per un credente, mi rendo conto, si tratti di utopia).
I non credenti di questo romanzo possono sembrare frivoli, ciechi, convinti allo stremo delle loro posizioni e in un certo senso religiosi perchè venerano l'uomo (quel che il cristianesimo rinfaccia loro è d' aver raggiunto gli scopi della religione come pace ed unione abberrando Dio). Però non mi sento in disaccordo con loro. L'uomo, ancora oggi, è ben lontano dall'eliminare le guerre che però sono numerose, secondo me, proprio per la religione. Anche in un mondo così credo che avremo sempre qualcosa per cui ordire conflitti, ma in maniera diversa. Pure la semplice questione di genere spero sia trattata in maniera più soft, non ci sarebbero i luoghi comuni "è da maschio/è da femmina" o i tanto temuti "gender", per dire. Poi mai dire mai, ma la penso così. Sì, non amo tanto la religione.
La lettura è lenta, non impossibile però difficoltosa. Ci sono rari refusi, di battitura principalmente. Ciò non toglie che la scrittura sia arcaica (c'è comunque stata una nuova traduzione più dinamica e snella, almeno) e che la storia, almeno a me, risulti fredda e lontana, pur apprezzando la narrazione ed il nuovo mondo, un pò meno quando c'è lo sterminio cristiano, un ritorno alle origini (i cristiani furono perseguitati, principalmente perchè non rispettavano lo stato romano, ma mica impararono perchè furono poi loro a perseguitare). Sono per un mondo più razionale, più obiettivo, però ammazzare i religiosi non mi garba. La violenza non  mai la strada.

E' un romanzo difficile ed istruttivo, un buon tentativo per approciarsi al distopico d'antan. C'è da tenere a mente che se piace leggere storie più scorrevoli e più ricche d'azione e sentimento, meno cervellotiche anche se non meno avvincenti ed istruttive, è meglio rivolgersi ad altri libri.


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