26/03/18

Recensione di Babilonia di Yasmine Reza

Trama: In un posto chiamato Deuil-l'Alouette (che, tradotto alla lettera, sarebbe «Lutto-l'Allodola»), un posto qualunque nella periferia di Parigi, una donna qualunque, con un buon lavoro, un marito, un figlio, una sorella e dei vicini di casa, si lascia coinvolgere, nel corso di una strana notte di quasi primavera, in una faccenda che potrebbe costarle assai cara. Per affettuosa solidarieta` con un uomo di cui non sa molto, tranne che e` solo, profondamente solo. O forse perche?, di colpo, ha voglia, foss'anche per un'ora, di respirare fuori dalla soffocante banalita` del quotidiano, di farsi un giro «on the wild side» – di immergersi in una «dimensione di tenebra». Tirando con la consueta, stupefacente maestria le fila di una vicenda in cui il comico e il tragico si mescolano in maniera inestricabile come in una sorta di perverso vaudeville, Yasmina Reza da` voce alle angosce piu` segrete, e mette in scena il suo beffardo teatrino della crudelta` scavando ancora una volta in quello spazio di connivenze e mostruosita` che puo` diventare la coppia; e ci ricorda che – non diversamente dagli ebrei, che «sulle rive dei fiumi di Babilonia» sedevano e piangevano «al ricordo di Sion» – ciascuno vive in esilio: da se stesso, da cio` che avrebbe voluto essere, e dagli altri.

Questo è il libro scelto dal gruppo di lettura di Padova della Feltrinelli e non sapevo proprio cosa aspettarmi!

Iniziando a leggere ho pensato ad una versione differente di Le nostre anime di  notte di Haruf. Bè..Niente di più sbagliato!
Di protagonisti ne abbiamo pochi, ma chiari... 
La voce narrante è quella di Elisabeth, anziana lavoratrice del Pasteur. Una donna mite, tranquilla, sposata con un uomo altrettanto mite. Le viene in mente di organizzare una festa per accogliere la primavera ed invita amici, colleghi, conoscenti...Anche Jean-Lino e sua moglie Lydie, i vicini del piano di sopra che fanno loro la cortesia di prestare alcune sedie. Sembrava il minimo invitarli! Inoltre, recentemente, Elisabeth aveva fatto amicizia con lui, questo mezzo italiano goffo, dallo sguardo vitale e bonario e che ama alla follia il suo gatto Eduardo con cui parla in italiano.
La festa sarà una gran fonte d'ansia per la protagonista e finirà in maniera assolutamente imprevedibile, con un colpo di scena a poco prima di metà che non smetterà di produrre effetti.

In questo libro si affrontano vari temi: la paura della morte, lo sgomento nel trovarsi vecchi, le insospettabili reazioni che potremmo avere in situazioni estreme (quelle in cui si dice "io non farei mai.." oppure "non si può reagire così, è folle!").
Si pensa anche all'infanzia. Elisabeth e Jean Lino, con famiglie particolari, sono felicissimi di non essere più bambini. Lei  è chiaro che abbia avuto una famiglia con un padre violento, da denuncia, semi molesto ed una madre succube e superficiale, atta a compiacere il marito.
Jean Lino, senza figli, cerca di compensare al passato e di racimolare affetto, viziando il nipote del figlio del primo matrimonio della moglie. Ma senza successo. Il ragazzino è un ingrato viziato, con due genitori litigiosi, che sfrutta il "nonno" acquisito per il quale è chiaro che non nutra il benchè minimo rispetto.
La moglie poi è la classica personalità dietro cui si sparla. Artista, spigliata e pure devota a cause che spesso suscistano ilarità anzichè interesse e sensibilità. Quindi si può parlare di pregiudizi.
Ho pensato anche alla futilità delle mode. La protagonista segue le mode delle star, anche spendendo soldi. Che scemenza! Per non parlare della badante della madre, Anicè, che segue con macabro interesse le vicende di cronaca nera che la appassionano (ma che triste sei ad appassionarti alle sfighe altrui! Capitassero a te?). Però è molto attuale. Volenti o nolenti, qualche corrente modaiola ci accalappia e non siamo immuni dal voyerismo mediatico!
Rifletto anche su chi sopravvive ai morti.. C'è chi se ne frega, chi riflette sulla vita quando c'erano. Ognuno ha diverse reazioni.
E possiamo incontrare anche persone che non smettono mai di sperimentare...Vedi la sorella di Elisabeth, Jeanne. A cinquant'anni suonati che prova bondage e sadomaso! 
E le due sono eccezionalmente frizzanti (Elisabeth  è più classica, ma a mio avviso una donna che sembra realizzata: buon lavoro, matrimonio, figlio, anzianità agiata) considerata la mamma senza pretese che hanno avuto. Lavorava per dovere e si vestiva in maniera noiosa per necessità. Oggi facciamo attenzione alla moda e ad essere soddisfatti nel lavoro. Io stessa, ultimamente penalizzata in questi due ambiti, ne soffro. Dovrebbero scivolarmi addosso, ma non è facile. Siamo educati alla società del "non è mai abbastanza". Da un certo punto di vista è un bene perchè vogliamo solo il meglio, non accettiamo facilmente il peggio. Dovremmo però imparare a stare bene anche con poco per non star male quando non possiamo avere tutto.
E che dire del passaggio in cui Elisabeth si elogia, subito pentendosi? Perchè la virtù celebrata significa autocompiacimento, probabilmente superbia. Quando è inconsapevole è invece autentica.
Questo romanzo certamente è un esperimento sulle relazioni sociali, su come tutti affrontiamo diversamente la vita e le situazioni critiche, su quanto possiamo essere diversi pure nella mezza età, periodo in cui ci si dovrebbe vedere come nonnetti rachitici e noiosi.

Un romanzo dinamico e frizzante, una scrittura che culla e che permette di gustarsi con calma la storia. Ricca, ma non troppo.
 Non ho apprezzato il tratto tipico di questo genere che so non fare per me, ovvero, avere un inizio ed una fine blandi ed essere, alla fin fine, un flusso di coscienza. Preferisco leggere una storia "classica", ma definita e non per questo incapace di far riflettere.
In ogni caso è una lettura distensiva benchè il colpo di scena sia da tachicardia!


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