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24/05/18

Recensione di Resto qui di Marco Balzano

Trama: Quando arriva la guerra o l'inondazione, la gente scappa. La gente, non Trina. Caparbia come il paese di confine in cui è cresciuta, sa opporsi ai fascisti che le impediscono di fare la maestra. Non ha paura di fuggire sulle montagne col marito disertore. E quando le acque della diga stanno per sommergere i campi e le case, si difende con ciò che nessuno le potrà mai togliere: le parole.

L'acqua ha sommerso ogni cosa: solo la punta del campanile emerge dal lago. Sul fondale giace il mistero di Curon. Siamo in Sudtirolo, terra di confini e di lacerazioni: un posto in cui nemmeno la lingua che hai imparato da bambino è qualcosa che ti appartiene fino in fondo. Quando Mussolini mette al bando il tedesco e perfino i nomi sulle lapidi vengono cambiati, allora non resta che scegliere le parole una a una per provare a raccontare. Trina è una giovane madre che alla ferita della collettività somma la propria: invoca di continuo il nome della figlia, scomparsa senza lasciare traccia durante gli anni del fascismo. Da allora non ha mai smesso di aspettarla, di scriverle nella speranza che le parole gliela possano restituire. Finché la guerra viene a bussare alla porta di casa, e Trina segue il marito disertore sulle montagne, dove entrambi imparano a convivere con la morte. Poi il lungo dopoguerra, che non porta nessuna pace. E così, mentre il lettore segue la storia di questa famiglia e vorrebbe tendere la mano a Trina, all'improvviso si ritrova precipitato a osservare, un giorno dopo l'altro, la costruzione della diga che sommergerà le case e le strade, i dolori e le illusioni, la ribellione e la solitudine. 


Tutti conoscono la strage del Vajont, meno i fatti di Couron benchè sia ormai meta turistica il famoso lago da cui spunta la punta del campanile nel sudtirolo.
Marco Balzano ci racconta i fatti in maniera romanzata quando il primo conflitto mondiale era cessato da poco. 
Le vicende cominciano più o meno nel 1923, quando Trina, giovane del posto, si diploma e spera di poter esercitare la professione di maestra. Però lei e tanti altri non hanno previsto l'avvento del fascismo. Dall'oggi al domani gli abitanti del sudtirolo si vedono strappato il lavoro, imposto l'italiano al tedesco e si rispolvera l'idea di creare una diga tra Couron e Resia. 
Erich, contadino del posto e futuro marito di Trina, cerca di mettere in guardia la popolazione sia dalla diga che dal fascismo. Vengono però tutti colti alla sprovvista dalla seconda guerra mondiale.

La storia reale è perfettamente amalgamata alla parte romanzata, rendendo difficile scindere le due.
Le questioni della diga, del fascismo, della guerra e del nazismo, delle scuole clandestine sotto il regime non sono immediate. Parte tutto dalla vita di Trina che è anche la voce narrante e si rivolge a sua figlia Marica che non sappiamo se essere assente o presente al monologo della madre.
E' naturale assistere alla crescita della protagonista ed alla presentazione dei temi storici, temi che fanno infiammare il sangue quando si arriva al noto episodio della costruzione della diga.
Quanto mi stupisce è che l'autore ha cercato di contattare la ditta responsabile dei lavori,  che oggi esiste sotto altro nome, ma non ha mai avuto risposta. E' stata distrutta la vita di un'intero borgo per meri motivi economici senza pensare alle conseguenze di nessun tipo: ambientali, etiche, psicologiche. Come minimo è vergognoso.

Al di là di questo però mi sono emozionata tantissimo ed ho letto questo libro senza nemmeno rendermene conto.
Le qualità narrative di Balzano sono alte. Il linguaggio è semplice, ma l'autore è stato in grado di narrare la storia dal punto di vista femminile e con gran talento. Una rarità.
Ho amato la voce di Trina, mi sono immedesimata in lei pur non essendole uguale, ho visto la valle dai suoi occhi, osservato Erich, la sua famiglia e le amiche tramite i suoi sentimenti, vissuto ogni avvenimento con lei. E' stato magico.
L'italiano usato non è, appunto, di altissimo livello (sono certa che l'autore ne sia oltremodo capace perchè la semplicità usata qui è troppo perfetta per essere casuale), ma è godibile e coinvolgente.

Purtroppo, conoscendo l'esito nella vita vera, questo romanzo lascia nel cuore struggimento e dolore per questa battaglia persa da una popolazione risvegliatasi troppo tardi e sottomessa all'Italia, nazione che consideravano estranea e che li ha assoggettati. Mi duole dirlo, ma la speranza perde qualche battito quando si arriva all'ultima parola. Era inevitabile che  il romanzo finisse così, ma la realtà non può essere modificata e molti fatti assomigliano malauguratamente alla realtà odierna quasi a dire che tutto resterà lo stesso. Un problema è che si agisce quando è troppo tardi e si spera, fino all'ultimo che nulla accadrà o che qualcuno interverrà.

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