Buongiorno Lettori,
oggi sono qui a parlarvi di un tema delicato, di un passato orribile che non deve essere mai dimenticato.
Venerdì 1 marzo ho partecipato presso il teatro Aurora di Campodarsego, in provincia di Padova, all'incontro con Samuel Artale, uno dei sopravvissuti di Auschwitz-Birkenau che, all'epoca della liberazione, aveva otto anni.
Se ci si pensa attentamente ci si chiede come sia stato possibile.
La storia degli ebrei ricchi è stra nota, ma non si può sentire e la persecuzione si è estesa a tutti i diversi.
Stragi di tali portata non se ne sono quasi più registrati, però momenti brutali nella storia ce ne sono stati e ce ne sono ancora. Basti pensare alla situazione dei Balcani negli anni '90 o ai centri di detenzione per immigrati, a ciò che subiscono quando decidono di tentare il Viaggio.
Quanto è di più grave è che ci sono voluti ANNI prima che questo sterminio avesse fine, che si decidesse di intervenire ed è inconcepibile che sia potuto accadere, che tutto sia accaduto con naturalezza, che ci si girasse dall'altra parte.
Non dimenticare deve essere una PRIORITA' perché per avere un futuro e non ripetere errori occorre ricordare il passato e praticarlo. In Italia già abbiamo iniziato a dimenticare quanto accaduto 70 anni fa, a che prezzo abbiamo ottenuto diritti e doveri, cosa hanno passato i nostri antenati.
Sarà sempre più raro avere testimoni diretti come Artale. Ha ottant'anni, unico sopravvissuto della sua famiglia, è uno dei più "giovani" e capace, purtroppo, di ricordare molto.
Io spero che non ci sia stato NESSUNO indifferente alle sue parole tra il pubblico.
Se ho seguito tutto l'incontro con serietà, attenzione, cordoglio, sconvolgimento pur se molti fatti mi erano noti, sono uscita dall'incontro devastata e sofferente, ho versato lacrime.
Il freno si è rotto quando, rispondendo a delle domande, ha rivelato che sua madre è stata uccisa DAVANTI ai suoi occhi di bambino, che la sua schiena è devastata da frustate, che, le poche volte in cui ha parlato di sé, non è stato ritenuto credibile, rinunciando così a parlare per ANNI.
Una persona, come altri sopravvissuti, costretta ad indurirsi, imbestialirsi, a compiere azioni perfide o vergognose perché la morte poteva arrivare per qualunque motivazione. Per certi versi un fortunato, perché gli è stato risparmiato di essere una cavia per Mengele o un Pipel, ovvero di essere abusato.
Sono grata alla sua decisione di aver ripreso a parlare negli ultimi quattordici anni.
Le sue parole e quelle di altri sopravvissuti non devono essere dimenticate, questi orrori non devono ripetersi, dobbiamo riappropriarci della nostra umanità, amare ed aiutare.
Mai più persone devono essere perseguitate, subire violenza, venire assassinate.
La sua storia è condensata nel libro "Alla vita" che conto di leggere quanto prima ed il cui ricavato.
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