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20/02/18

Recensione de La vegetariana di Han Kang

Trama: «Ho fatto un sogno» dice Yeong-hye, e da quel sogno di sangue e di boschi scuri nasce il suo rifiuto radicale di mangiare, cucinare e servire carne, che la famiglia accoglie dapprima con costernazione e poi con fastidio e rabbia crescenti. È il primo stadio di un distacco in tre atti, un percorso di trascendenza distruttiva che infetta anche coloro che sono vicini alla protagonista, e dalle convenzioni si allarga al desiderio, per abbracciare infine l'ideale di un'estatica dissoluzione nell'indifferenza vegetale. La scrittura cristallina di Han Kang esplora la conturbante bellezza delle forme di rinuncia più estreme, accompagnando il lettore fra i crepacci che si aprono nell'ordinario quando si inceppa il principio di realtà – proprio come avviene nei sogni più pericolosi.

Ogni tanto mi è capitato di vedere questo libro in qualche articolo o comunque in giro. L'occasione della lettura si presenta perchè forse andrò ad un gruppo di lettura nuovo che affronterà la discussione di questo volume.

Il sentimento che mi accompagna per tutta la lettura è perplessità, almeno a partire dalla seconda parte. All'inizio non ho più di tanto da dire...
La narrazione viene fatta da Cheong, marito di Yeong-hye. Entrambi sono persone medie senz'arte ne parte e lei è la moglie perfetta per un uomo senza particolari aspirazioni o grilli. Salvo un eccezionale talento in cucina finchè un giorno sua moglie non elimina del tutto la carne e le proteine animali. La spiegazione è: ho fatto un sogno.

Gli eventi prendo presto una piega strana ed inquietante (soprattutto quando lei descrive il sogno... è da paura!) e tutto precipita. Sembrerebbe nulla più di una donna che inizia a soffrire di turbe psichiche.
Il marito sembra solo pensare alle conseguenze che potrebbe avere questo cambiamento della moglie a lavoro, teme di venire declassato ed allontanato.
In famiglia nessuno la appoggia e chissà che questa non sia la causa di quello che pare un tracollo psichico che covava da tempo. Infatti presto non ascolta più nessuno nonostante suppliche o urla al suo indirizzo.
I capitoli successivi vengono narrati dal cognato della protagonista e della sorella In-hye,Yeong-hye non ha mai una voce. E meno male, avrebbe fatto tanto The Ring, mi sa!
Quel che sorprende sono le reazioni di chi la conosce e le è vicino. Forse la sorella la capisce di più, perchè è una insospettabile tormentata. Ma agli antipodi sono sconvolgenti marito e padre. Entrambi si vergognano di lei. E mi chiedo? Perchè? E' un fatto culturale? O sono semplicemente misantropi, arretrati? Probabilmente entrambe.

Nella storia ci sono molte immagini evocative e nette, soprattutto a fine capitolo/parte, la prima addirittura agghiacciante perchè ha a che fare con comportamenti anomali di Yeong-hye.
A tratti sembra davvero un libro horror, mi ha lasciato molta inquietudine. E se non è depressivo, oscura veramente la gioia di vivere! Anche perchè  i sogni di Yeong-hye non sono un messaggio di "mangia meno carne e rispetta l'ambiente", ma ansia pura.
Una delle domande certe che ci pone il romanzo è: saremmo noi capaci a fare delle rinunce talmente radicali ed a qualunque prezzo come Yeong-hye?
In ogni caso non mi è piaciuto, ho trovato la storia che andava per la sua strada e tanti sentimenti negativi. Il suo successo avrà motivo di esistere, ma non ha fatto per me.

2 commenti:

  1. L'ho letto qualche mese fa, e devo dire di aver trovato pochi libri del genere: a mio avviso la prima parte è la più forte dell'opera, più in là la narrazione sembra perdersi un po'.

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    1. Penso di essermi aspettata comunque altro. In ogni caso un'esperienza di lettura che è stata proficua nonostante il mio giudizio poco positivo.

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