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29/01/18

Recensione di L'oceano in fondo al sentiero di Neil Gaiman

Trama: Sussex, Inghilterra. Un uomo di mezza età ritorna alla casa della sua infanzia per un funerale. Sebbene la casa non ci sia più da un pezzo, l'uomo è irresistibilmente attratto dalla fattoria in fondo al sentiero, dove a sette anni aveva conosciuto una ragazza fuori dal comune - Lettie Hempstock -, sua madre e sua nonna. Erano decenni che non pensava più a Lettie. Eppure non appena si siede vicino allo stagno (quello stagno che lei sosteneva essere un oceano) accanto alla vecchia fattoria in rovina, ecco che il passato ritorna con i suoi ricordi, troppo strani, spaventosi e pericolosi per essere ricordi di episodi davvero successi a qualcuno, tanto meno a un ragazzino. Quarant'anni prima un uomo, un inquilino della casa di famiglia, aveva rubato la loro auto, dentro la quale si era suicidato proprio in fondo al sentiero. Quella tragica morte aveva evocato antiche forze che andavano lasciate in pace. Si erano scatenate oscure creature che venivano da chissà dove e il narratore era dovuto ricorrere a tutte le sue risorse per sopravvivere. L'orrore più terribile e minaccioso aveva creato devastazioni indicibili. E lui, ai tempi solo un ragazzino, disponeva come unica difesa di tre donne che vivevano in una fattoria in fondo al sentiero... La più giovane di loro affermava che lo stagno è un oceano. La più anziana si ricordava del Big Bang. Questo attesissimo romanzo di Gaiman è una storia poetica, commovente, terrificante ed elegiaca che ci parla dei ricordi e della magia che si nasconde negli angoli meno frequentati della realtà. Ci sono libri che leggi. Poi ci sono libri che ti piacciono. Ma raramente capita di imbattersi in un libro come questo che ti inghiottisce anima e corpo fin dalla prima pagina.


Questo è uno dei libri di Gaiman che da tempo mi riprometto sempre di leggere e finalmente il momento è arrivato.


La storia inizia in maniera dubbia. Questo uomo, che sta per partecipare ad un funerale, si trova nelle zone del Sussex dove abitava da bambino ed il cuore lo porta nei luoghi dell’infanzia. Giunge infatti nelle vicinanze della sua vecchia casa e, soprattutto, in fondo al sentiero, dove si trova la fattoria Hempstock. Decide allora di passare a salutare l’amichetta del tempo o almeno la madre di lei. Questa decisione sarà foriera di ricordi ritrovati dopo un lungo periodo di oblio.

Ci troviamo così nell’estate dei sette anni dell’uomo in lutto quando conosce per la prima volta Lettie Hempstock, la bambina della fattoria, poco più grande di lui, in seguito ad eventi funesti. Farà anche la conoscenza della madre e della nonna, un clan femminile molto speciale, con la risposta pronta per tutto, come sospese fuori dal tempo.

All’inizio si fatica ad ingranare perché la storia parte dall’inizio e quindi si fatica anche a capire i meccanismi. Una volta presi però si procede spediti e si intendono al volo gli strambi ragionamenti e collegamenti che fa fare Gaiman ai suoi personaggi. O meglio, alle Hempstock, il povero ragazzino deve imparare a starci dietro alla svelta, buon per lui che è abbastanza sveglio o capace di ricevere imbeccate.
Senza accorgersi di nulla, il bambino vive un’avventura straordinaria e le sfumature fantasy e soprannaturali si fondono perfettamente alla realtà, dandoci a volte il dubbio di essere sotto l’effetto di funghi allucinogeni XD
Un messaggio recondito del libro, secondo me, è raffrontarci con le nostre paure, avere a che fare con realtà che vogliamo ignorare per timore di quel che potrebbero rivelarci e questo può normalmente tradursi con un nostro dimenticare o con il girare gli occhi e la mente per non vedere né capire. Me lo fa pensare spesso l'uomo/bambino della storia, pacifico e riflessivo, ma che al dunque i problemi li affronta. Su altri aspetti invece cerca di non focalizzarsi.
Lettie Hempstock e le sue familiari mi riesce di identificarle con la figura del grillo parlante o comunque di una rappresentazione della saggezza e della mancanza di dubbi. Una attorno servirebbe più spesso di quel che si creda.

Nel complesso un romanzo un po’ fitto, dagli esiti niente affatto scontati. Lo definirei “onirico”. Il protagonista poi me ne dà ragione soprattutto verso la fine. Tutto sfuma tra mondo reale ed altri livelli di realtà, con molta naturalezza. Mi è piaciuta quest’atmosfera a metà tra il cupo ed il magico.
Non capisco se mi sia piaciuto o meno, ma ho trovato il romanzo molto fine. Sicuramente adatto a lettori che amano il fantasy particolare, né archetipico né terra terra.

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