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05/02/17

Recensione de I ragazzi del ghetto di David Safier

Trama: Varsavia, 1942. Mira è una ragazza piena di coraggio e di amore per la sua famiglia, rinchiusa nel ghetto di Varsavia sotto l'occupazione nazista. Con lei vivono la madre e la sorellina Hannah, che Mira protegge a ogni costo. Per loro, Mira sfida la feroce polizia, esplora la città in cerca di cibo decente, protetta solo dagli occhi verdi che non la fanno sembrare ebrea. Finché un giorno le "iene", come ha soprannominato i gendarmi polacchi che prendono ordini dalle SS, la fermano e sembrano non lasciarsi ingannare dal suo aspetto, come se fiutassero con avidità una facile preda. Ma mentre Mira si sente spacciata, un giovane biondo la afferra improvvisamente e la bacia, facendola passare per la sua fidanzata. La ragazza è salva, e da quel momento Daniel non la perderà più di vista. Né nell'orrore, quando Mira scoprirà che tutti gli abitanti del ghetto, nessuno escluso, sono destinati allo sterminio nei campi. Né nel coraggio, quando lei deciderà di entrare nella resistenza. Né per tutti i lunghissimi 28 giorni durante i quali, insieme a un gruppo di altri ragazzi, sfiderà i nazisti nella più impensabile delle imprese: la rivolta del ghetto contro le forze di occupazione. La più lunga rivolta degli ebrei nella Seconda guerra mondiale.

Mira si crede una ragazza coraggiosa. Suo padre ha lasciato tragicamente la famiglia, sua madre è piombata nella depressione e non può lasciar morire di fame nè lei ne sua sorella Hannah. Infatti fa da contrabbandiera indipendente, forte di non sembrare tipicamente ebrea grazie agli occhi verdi. Purtroppo durante una delle sue incursioni fuori dal ghetto di Varsavia viene intercettata dalle "iene", poliziotti polacchi al soldi delle SS che intuiscono che si tratti di un'ebrea. E forse non era così furba come credeva. La sua strafottenza viene un pò meno.
La situazione sembra volgere al peggio, ma interviene un ragazzo polacco che si finge il suo fidanzato e la trae in salvo.
Mira tace quando torna a casa, sa che la famiglia e il suo ragazzo, Daniel, si preoccuperebbero, già contrari alle sue azioni. E Mira non vuole dire a Daniel cosa è successo tra lei e lo sconosciuto che l'ha attratta, soprattutto considerando il modello di virtù che è il ragazzo. Vive per i suoi "fratelli" dell'orfanotrofio come il direttore Korczak, è altruista, generoso, pio.
Presto però gli ebrei scopriranno che la loro sorte è finire al campo di sterminio e chi può si salva, spesso solo temporaneamente.
Mira è destinata a finire nella Resistenza benchè inizialmente non fosse nelle sue intenzioni e assolutamente lei non è mai stata quello che cercava il gruppo.
Lì ritrova Amos, il ragazzo che l'ha salvata dalle iene. La protagonista ormai sa che fa parte della Resistenza, ma è assolutamente distaccato e brusco, nonchè già impegnato con Esther, combattente anche lei.
Inutile dire che la situazione è critica, sappiamo tutti che la seconda guerra mondiale è stata tragica, uno sterminio di popoli, sopra tutti quello ebreo. Presto inizieranno i 28 tragici giorni di lotta alle SS.
Questo libro devo ammettere che inizialmente, nonostante i fatti crudi, non mi convinceva come narrazione. Lo sentivo forzato, coordinato. Poteva narrarmi quello che voleva che a me sembrava una narrazione impersonale. Probabilmente perchè ho avuto a lungo in antipatia la protagonista.
Mira si crede furba, infallibile. Presto scopre che non è così. Crede di essere una concreta e coi piedi per terra e sbatte più volte il muso contro le sue fantasticherie ad occhi aperti.
Non la trovo molto coerente, anche quando è conscia dei propri difetti.
Andando avanti nella storia matura e si trova in linea con la persona che vorrebbe essere. Ce ne vuole di sfiga per farla evolvere dentro. Anche se non era scontato. La guerra di solito avvelena e uccide quel che c'è di buono.
Non mi aspettavo che la documentazione dello scrittore fosse molto dettagliata. Pensavo fosse pertinente a livello storico, invece è tutto vero. Certo, tante scene sono state imbastite, ma non su totale creatività. Questo mi piace. L'unica licenza vera e propria se la prende con Mira. E' un personaggio inventato perchè tutte le memorie sono molto distanziate,  comprensibile visto che non credo che chi ha subito traumi torni con gioia sul proprio dolore. Quindi narra Mira.
Mi ha sconvolto una madre che, alla prospettiva di salvarsi, abbandona il figlio dicendo che poteva sempre metterne al mondo un altro. E' agghiacciante come minimo, va contro l'istinto umano. Ma come disse Primo Levi in "Se questo è un uomo" i nazisti resero animali gli ebrei, la propria sopravvivenza era da guadagnare sopra chiunque e chi non lo faceva era un folle.
Di grande coraggio il signor Korczak che accompagnò alla deportazione i bambini dell'orfanotrofio pur avendo avuto mille volte la possibilità di salvarsi. Il bene che c'è negli uomini alcuni individui non lo lasciano svanire, a costo della propria vita.
Un libro in onore dei nonni che vissero entrambi la tragica esperienza dei campi di Buchenwald e Lodz. Le ultime cento pagine mi hanno conquistata e fatto apprezzare questo romanzo. Se non ho vinto le mie resistenze, allora vuol dire che l'autore ci ha davvero messo l'anima. Comunque è un'opera più che leggibile e scritta con un linguaggio più che comprensibile e non ricercato.

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