Io fatico, a volte, a seguire il mio istinto. Non sempre è un male perché posso fare scoperte e vincere paure. Però dovrei ascoltarlo ogni tanto.E' il caso di questo libro.
Pedro Nauto è un giovane che, a causa di una tempesta, si trova orfano di madre. La sua esistenza non era semplice in partenza, in quanto figlio naturale, un'onta fino a pochi decenni fa, immaginiamoci tra 1910 e 1920 nell'arcipelago di Chiloé, a Quemchi, in Chile, luogo, tra l'altro, ricco di superstizioni come quella del trauco, creatura mitologica che violenta le giovani (si vocifera che Pedro ne sia un frutto, non avendo padre).
Ad un certo punto la storia si sposta in mare con esiti imbarazzanti e presagibili, facendomi pensare a Moby Dick, che non ho mai letto e non so se lo farò mai, almeno dopo l'esperienza fatta con questo libro. L'unico pregio del testo è la capacità descrittiva della natura e del paesaggio marino, oltre alla profonda conoscenza della vita a bordo, che l'autore conosce per esperienza personale. Se amate le descrizioni geografiche, le isole, gli arcipelaghi r la vita del marinaio troverete conforto, anzi, magari vi piacerà pure la storia in sé.
Per me è stata una tortura.
Piccole rare, insignificanti gioie e tante, troppe descrizioni e minuzie, più un tema che mi interessa pochissimo. L'ho letto solo per il GdL della biblioteca, altrimenti sarei rimasta nella, per una volta, beata ignoranza.
Finito il 02/04/21
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