Trama: “Una piccola parte di me bisbigliava che potevo sopravvivere ad Amarantha; potevo sopravvivere alla transizione in quel nuovo corpo estraneo… Ma non ero sicura di poter sopravvivere a quella cavità vuota e fredda nel mio petto. Persino durante i periodi più bui, quella parte di me era stata piena di colore, di luce. Forse diventare una Fae l’aveva distrutta. Forse Amarantha l’aveva distrutta. O forse l’avevo distrutta io, quando avevo ficcato i pugnali nei cuori di due innocenti e il loro sangue mi aveva scaldato le mani.”
Dopo essersi sottratta al giogo di Amarantha e averla sconfitta, Feyre può finalmente ritornare alla Corte di Primavera. Per riuscirci, però, ha dovuto pagare un prezzo altissimo. Il dolore, il senso di colpa e la rabbia per le azioni terribili che è stata costretta a commettere per liberare se stessa e Tamlin, e salvare il suo popolo, infatti, la stanno mangiando viva, pezzetto dopo pezzetto. E forse nemmeno l’eternità appena conquistata sarà lunga a sufficienza per ricomporla. Qualcosa in lei si è incrinato in modo irreversibile, tanto che ormai non si riconosce più. Non si sente più la stessa Feyre che, un anno prima, aveva fatto il suo ingresso nella Corte di Primavera. E forse non è nemmeno più la stessa Feyre di cui si è innamorato Tamlin. Tanto che l’arrivo improvviso e molto teatrale di Rhysand alla corte per reclamare la soddisfazione del loro patto – secondo il quale Feyre dovrà passare con lui una settimana al mese nella misteriosa Corte della Notte, luogo di montagne e oscurità, stelle e morte – è per lei quasi un sollievo.
Ma mentre Feyre cerca di barcamenarsi nel fitto intrico di strategie politiche, potere e passioni contrastanti, un male ancora più pericoloso di quello appena sconfitto incombe su Prythian. E forse la chiave per fermarlo potrebbe essere proprio lei, a patto che riesca a sfruttare a pieno i poteri che ha ricevuto in dono quando è stata trasformata in una creatura immortale, a guarire la sua anima ferita e a decidere così che direzione dare al proprio futuro e a quello di un mondo spaccato in due.
Dire che mi piaccia la Maas è poco, così come è riduttivo affermare che ho adorato ACOTAR. Non vedevo l'ora di leggere ACOMAF.
Troviamo Feyre, divenuta fae maggiore, un'immortale.
Ha finalmente coronato il suo sogno d'amore con Tamlin e viaggia a vele spiegate verso il matrimonio. Non fosse che, entrambi, sono devastati da quanto accaduto nel Regno sotto la Montagna con Amarantha. Tamlin poi è troppo protettivo e la soffoca, non la aiuta, vuole solo che stia al sicuro e faccia la brava.
A complicare le cose c'è Rhysand, Signore Supremo della Corte della Notte, che vuole far valere il suo patto con Feyre: averla per sé per una settimana al mese.
E sarà la conoscenza della Corte della Notte a farci sognare.
Feyre è un relitto, distrutta, spezzata, oscura. Ma Rhysand è oscurità, malizia, sfida e le loro interazioni sono uniche e spettacolari, soprattutto la prima in cui Feyre lancia una scarpa a Rhysand.
La Corte della Notte poi è davvero spettacolare, per non parlare della capacità della Maas di creare intrighi, uno migliore del precedente. Ecco, solo sul versante amoroso è prevedibile e su quello erotico è talvolta esagerata-
Leggendo, ho scoperto quanto io abbia sopravvalutato Tamlin, conosciuto e amato nel fiabesco ACOTAR.
ACOMAF è il percorso di guarigione dell'anima spezzata di Feyre e non solo, ma anche l'epico sequel che lascia con l'acquolina in bocca per ACOWAR che dovrà essere sensazionale.
Sono state 619 pagine di gioie e dolori ed emozioni, attraverso lo scorrevole e peperino stile dell'autrice. In più, in tanti fantasy, le parti brutte e tragiche sono scansate all'ultimo o c'è l'evento salvifico. Quest'autrice, invece, fa accadere anche il peggio, le cose più brutali. Non sarà il top narrativo, ma secondo me è capace nel suo mestiere e nel fantasy, anche se ci sono autori più bravi e dettagliati.
E posso concludere con "Viva Rhysand!"
Finito il 28/06/2020
Nessun commento:
Posta un commento