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25/06/18

Recensione di Come siamo diventati nordcoreani di Krys Lee

Trama: Yongju è il rampollo di una delle famiglie più in vista di Pyongyang, la cui vita verrà stravolta nel giro di poche ore. Jangmi invece è poverissima, da sempre in lotta per sopravvivere con ogni mezzo nelle inospitali campagne nordcoreane. Danny è un teenager americano di origini cinesi e coreane, emarginato e deriso dai suoi coetanei. Per ognuno di loro la fuga sarà l’unica scelta possibile. Tre personaggi, tre voci, tre destini che da origini diversissime si incontreranno in uno dei luoghi più pericolosi del pianeta, il confine tra la Cina e la Corea del Nord. Krys Lee descrive un mondo popolato di spie, soldati, fuggiaschi, ladri e missionari, dove la vita di chiunque può essere barattata con poco ma dove i legami e l’affetto riescono in alcuni casi a resistere nelle circostanze più disperate, e offrire, se non un lieto fine, almeno un barlume di speranza.

Non pensavo che la storia di questo paese mi avrebbe colpita tanto. Eppure devo ringraziare Hyeongseo Lee che, con la sua biografia La ragazza dai sette nomi", mi ha aperto una porta sulla Corea del Nord. Io finora conoscevo la Corea del Sud tramite i manhwa.
Ho conosciuto un paese duro e difficile ed ho voluto tornarci.

La storia viene narrata attraverso tre punti di vista che non potrebbero essere più diversi e per questo più completi: Yongju, giovane studente e figlio di una nota e recentemente decaduta famiglia nordocoreana, Yangmi, nordocoreana di confine che cerca di salvarsi vendendosi come moglie e Daehan-Danny, americano di origine cinese- nord coreana ovvero uno joseon-jok.
I loro cammini si incroceranno e la Corea del Nord scaverà nei loro cuori solchi e ferite.


Yongju scopre brutalmente la faccia del paese che fino ad allora aveva potuto ignorare, grazie ad aiuti fortuiti lui, la mamma e la sorella scappano in Cina, però vengono separati. Nonostante il dolore, il ragazzo non si arrende e va avanti, imbattendosi in un gruppo di fuggitivi come lui, uno dei tanti.
Dahean invece è vittima di bullismo e, dopo un lungo periodo di assenza da scuola, il padre si convince a mandarlo dalla madre in Cina, convinto che ciò lo aiuterà. Invece sarà terreno di verità sconvolgenti che indurranno il ragazzo ad una nuova fuga ed a scoprire davvero il paese d'origine dei suoi genitori. Dahean diverrà uomo a caro prezzo.
Yangmi è una giovane donna incinta che cerca di incastrare il nuovo marito. Non aveva altra scelta, rimanere in Corea del Nord avrebbe significato la morte o, minimo, i campo di prigionia, pur essendo furbi e scaltri come lei. Il marito, Seongsik, non è nemmeno male come avrebbe potuto sembrare. Però mi urta da morire...Sfoggia un'aurea di superiorità verso i nordcoreani davvero indigesta, come non fosse un mezzosangue. E si vanta oltre ogni dire nell'affermare e dimostrare che i mezzi non gli mancano. Peggio di lui è la viziata figlia Byeol che, d'altronde, da qualcuno avrà pur dovuto prendere.

All'inizio, e con l'alternanza continua dei Pov, non capivo dove l'autrice volesse andare a parare. Ma il disegno si è pian piano delineato, mostrando un regime duro, totalitario e apparentemente preoccupato del suo popolo ovvero il governo nordcoreano, ma capace di violenza, torture ed omicidi. Semplicemente perché detiene il potere e vuol continuare a farlo.
Ma la Cina ed i suoi abitanti di confine non sono meglio. Denunciano, torturano e/o sfruttano i nord coreani a loro piacimento. Non fa eccezione nemmeno la Chiesa che opera in quelle zone per accordi perché non sarebbe molto accettata, in Corea del Nord poi la pratica cristiana è proprio vietata.
Ci sono anche le figure dei trafficanti, ma, "buone" (possono essere ex connazionali che aiutano altri) o senza scrupoli che siano è tutto un commercio, un lucro, sulle spalle di chi non può difendersi.
Chi scappa non ha altra scelta, non ha speranze. Va avanti, sperando di arrivare all'obiettivo. E su di loro si abbattono spesso sfruttamento, torture, violenze, stupri, cattiverie, imbrogli. Sofferenza su sofferenza, in un cerchio che spesso non ha fine. L'arrivo in Corea del Sud poi, un'epopea perché devono attraversare mezza Asia, si scontra con una realtà difficile da accettare, devono rimuovere i pregiudizi e riuscire ad affrontare prima i tre mesi precedenti l'ingresso nella nuova patria e poi un'esistenza in un nuovo luogo sconvolgente rispetto alla Corea del Nord. Quindi, anche arrivati a destinazione, le tribolazioni non sono finite, cambiano natura.

Questa è una lettura potente. Il romanzo è scritto con delicatezza, il registro usato è leggero, ma la realtà si abbatte con durezza sul lettore.
E' la versione romanzata della biografia della Hyeongseo Lee. Certo, per certi versi molto meno accurata, però assolutamente si tratta di una lettura realistica che ci fa chiedere come al giorno d'oggi queste cose siano ancora possibili.
La migrazione è un problema reale, non si fa per divertimento. Le conseguenze sono serie, qui come nel Mediterraneo, come lungo il confine del  Messico e chissà in quali altre parti del mondo, con che rotte.
La scrittrice si è ispirata al vero, nonostante sia sudcoreana. Si occupa di accoglienza ai rifugiati nordcoreani e ne avrà sentite forse anche di peggiori rispetto a quelle qui raccontate.

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