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30/04/17

Recensione Il giudice delle donne di Lodovico Mortara

Trama: Teresa non è una bambina come le altre: nasconde un segreto e per questo ha scelto di chiudersi in un mutismo che la isola e, al tempo stesso, la protegge. Alessandra, al contrario, è una giovane maestra esuberante. Fa parte di quella folta schiera di donne che, all'inizio del Novecento, si spinse nei paesini più sperduti a insegnare l'alfabeto. Un lavoro da pioniere. Difficile, faticoso, solitario. Anche Alessandra è sola, per la prima volta nella sua vita. Ma le piace insegnare e sfida con coraggio i pregiudizi e le contraddizioni di una società divisa tra idee antiche e prospettive nuove. Nuovo è pure il mestiere di Adelmo, che cerca di farsi strada nel mondo appena nato del giornalismo moderno. Una sfida esaltante per un giovanotto ambizioso e di talento. E le occasioni non mancano in questa Italia ancora giovane, una nazione tutta da inventare. È il 1906, siamo nelle Marche, all'epoca una delle zone più povere della penisola. La maestra e la bambina sono nate qui. Una ad Ancona, l'altra a Montemarciano. Un piccolo paese sconosciuto, che di lì a poco conquisterà, insieme alla vicina Senigallia, le prime pagine dei quotidiani nazionali. Il nuovo secolo infatti porta sogni strani. Come il suffragio universale. Esteso alle donne, addirittura. Ed è per inseguire questo sogno che dieci maestre decidono di chiedere l'iscrizione alle liste elettorali. Sarà un giudice di Ancona, il presidente della Corte di Appello, a dover prendere la decisione. Lodovico Mortara, il giudice delle donne. Maria Rosa Cutrufelli ha recuperato questo episodio storico ingiustamente dimenticato e – attraverso un romanzo avvincente e delicato, commovente e appassionante – lo ha reso vivo e attuale. Perché la battaglia iniziata dalle dieci maestre e da Lodovico Mortara segna l'avvio della nostra (ancora oggi difficile) modernità.

Ho iniziato questo romanzo trascinata da un articoletto sul voto alle donne e sul giudice Lodovico Mortara nel 1906.
Quasi non mi sono accorta di aver iniziato la lettura che ha un principio violento, quando una bambina scopre il cadavere di sua madre che non trova nel loro letto e torna a dormire sconvolta da quel che ha visto, evento che le toglierà la parola e la farà ritirare da scuola. Questa bambina è Teresa, vive a Marciano presso il nonno stagnaro, il quale affitta l'unica camera libera alla maestra Alessandra, in arrivo da Ancona, per fare da supplente presso la locale scuola.
Alessandra è una maestra fresca di nomina che viene catapultata dunque nella vita vera, anche se la madre cerca di estendere il controllo alla figlia presentandole Eufemia, un'amica d'infanzia, il cui futuro genero è direttore della scuola. Peccato che Alessandra faccia amicizia con la moglie del sindaco, maestra anche lei, Sora Luigia, attivista per il voto alle donne e malvista da tutti in società. Ma conosce anche il bell'Adelmo, figlio della signora amica della madre, giornalista fuori città, che sembrerebbe non avere in odio il voto alle donne, ma che certamente ha in simpatia la nuova maestra.
La storia ci viene narrata da Teresa, Alessandra ed Adelmo che mi perdoni, ma le sue parti erano assai noiose....Di fatti pratici è abilissimo, ma di rapporti personali...zero! E' anche un pò ingenuo, vagamente, perchè si sorprende della nostra Italia nepotista, papalista e raccomandataria, dell'Esposizione di Milano incentrata sui trasporti che significherebbe progresso ma che vuol dire anche truffe .. Caro mio, nel 2017  non siamo messi meglio!
Questo comunque è un romanzo che infiamma: le stesse donne credono che il loro lavoro sia il matrimonio seguito dalla maternità e che il diritto al voto è una scemenza perchè non è il nostro mestiere, se una di noi la vede diversamente viene subito almeno guardata storto, una cerca e combina guai, gli uomini ci giudicano inaffidabili...
Quello del 1906, anche se poi voteremo solo nel 1946, è un caso unico che fa da apripista in Italia e lo dobbiamo ad un giudice illuminato: Lodovico Mortara. Contrario al voto alle donne, ma obiettivo nell'applicazione ed interpretazione della legge che deve essere analizzata a mente libera da pregiudizi per essere davvero veritiera e giusta. Probabilmente senza di lui ci avremmo messo di più.
Comunque il romanzo è un'abile unione di verità storiche e romanzo,di vicende inventate, umane e di fotografie accurate dell'epoca, un'epoca dove molti erano poveri e dove le nostre situazioni scolastiche e personali, non sempre florida, ci sembrerebbero un paradiso.. La gente viveva di stenti, la scuola era un lusso sopportabile al minimo e da abbandonare se il lavoro ed i campi chiamavano, il regno non aveva da investire in educazione.
Mi sono dilungata, ma è assolutamente perfetto come romanzo! Peccato il finale che mi pare troncato, ma in fin dei conti è un'opera che fonde romanzo e documentario, per cui va bene così.


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