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25/12/16

Recensione di Perdersi di Lisa Genova

Trama: Alice ha lavorato sodo per raggiungere i suoi obiettivi e ora, a quasi cinquant'anni, sente di avercela finalmente fatta. Dopo anni di studio, di notti a base di caffè e libri di psicologia, ha coronato il suo sogno, è una scienziata di grido, insegna ad Harvard e viene chiamata dalle più prestigiose università per tenere conferenze. E poi c'è il suo più grande orgoglio, la famiglia: il marito John, un brillante esperto di chimica, che non riesce a trovare gli occhiali neppure quando li indossa, e i loro figli, Anna, Tom e Lydia, tutti e tre realizzati, anche se ognuno a modo suo. All'improvviso, però, tutto cambia. All'inizio sono solo piccole dimenticanze: una parola sulla punta della lingua che non riesce a ricordare, gli orari delle lezioni, il numero di uova nella ricetta del pudding natalizio, quello che prepara da più di vent'anni. E poi un giorno, dopo il giro di jogging quotidiano, Alice si ritrova in una piazza che è sicura di conoscere ma che non sa dove si trovi. Si è persa, a pochi metri da casa. Qui comincia il suo viaggio tra le corsie d'ospedale, a caccia del male che sta cancellando i suoi ricordi. Quando le viene diagnosticato l'Alzheimer precoce, tutto ciò in cui Alice ha sempre creduto pare sgretolarsi, il mondo intorno a lei sembra sfuggirle ogni giorno di più.

Perdersi è un libro difficile e non adatto a tutti a causa del suo protagonista: l'Alzheimer. 
La protagonista, Alice Howland, è una rispettata docente di psicologia ad Harvard, tiene conferenze in giro per il mondo, insegna, tiene dottorati e seminari, scrive pubblicazioni ed è un ottimo riferimento per tutti. A cinquant'anni inizia ad avere qualche scompenso. E' normale, in fin dei conti lavora come una matta da venticinque anni, probabilmente è anche entrata in menopausa. Però le sue mancanze diventano sempre più evidenti e gravi. Alice non se ne capacita ed inizia a ricevere consulti medici che la porteranno a scoprire di avere una forma di Alzheimer presenile. 
Il colpo è duro da digerire, soprattutto per una persona con la sua testa e che ha così tanto da perdere. Non può accettare di non poter più insegnare, fare ricerche e condurre la vita che ha sempre fatto, di vivere senza il linguaggio che in ogni campo della sua vita è quello che la caratterizza. Questa mancanza di memoria la disorienta, cerca di giustificarla in ogni modo, in fondo ha sempre lavorato troppo e la terrorizza quando capisce cos'è.
E' anche durissimo parlarne, ci mette molto a rivelarlo al marito, il quale non si arrende all'evidenza e cerca cure alternative e prove che la malattia sia un errore diagnostico. In un certo senso è quello che mi sorprende maggiormente perchè visto il rapporto che c'era tra loro non mi sarei aspettata quell'equilibrio tra preoccupazione, timore e distacco. Posso capire che scoprire che la propria metà sia affetta da una tale malattia destabilizzi, faccia soffrire e sentire soverchiati, appesantiti, rovinati, ma credo che avrei più trasporto e vicinanza.
I figli non la prendono benissimo (Anna è quella che la prende peggio all'inizio e che tratta lievemente con sprezzo, ma per poco, la malattia), ma sicuramente meglio del padre. Soprattutto Lydia che si riavvicina così alla madre.
Alice invece ci guadagna molto. Prima era molto categorica, troppo perfetta e convinta di avere ragione non accettando i pensieri altrui, a meno che subordinati ai suoi. Infatti va d'accordo con la prima donna di Anna, la figlia maggiore, avvocato, ma fa la guerra alla minore, Lydia, che ha scelto di rinunciare al college per dedicarsi al teatro, sua passione di vita (facendo a gioia di Anna che ora non si sente più in rivalità). Secondo Alice infatti non è vita servire cappuccini per pagarsi i corsi di recitazione (anche se sovvenzionati dal padre) e non proseguire gli studi significa precludersi opportunità e apertura di orizzonti.
Come se chi non prosegue la carriera universitaria sarà per forza segnato da brutta vita ed insoddisfazione e chi studia avrà solo successi. La malattia le permetterà di concentrarsi su quel che davvero conta perchè il tempo non è più un lusso e deve accontentarsi di oggi che scorderà.
Una cosa che mi stupisce di Alice infatti è che è specializzata in psicologia. Capisco che con la famiglia non si possa essere obiettivi e che lei non esercita la professione di psicologa, ma possibile che non comprenda almeno un pò meglio i membri della famiglia grazie ai suoi studi? Ma ammiro il coraggio con cui lotta contro l'Alzheimer e le soluzioni cui pensa.
Il finale mi ha parzialmente deluso. E' incompiuto, probabilmente come questa malattia. Non ti annienta, c'è, non c'è, peggiora, si acquieta. Non c'è risposta definitiva nemmeno con le cure.
Questo romanzo, inizialmente autopubblicato,  credo funga oltre che da romanzo anche da promozione della prevenzione. Anche se non  è assolutamente facile decidere di fare esami del genere. Un risultato positivo annienta.
Ed ha risvegliato in me mostri che ci sono da sempre. Sin da bambina ho sempre avuto il terrore di pazzia, demenza, perdita di memoria non sapendo che uno dei volti possibili è questa malattia.
Sicuramente per il futuro starò in campana.


2 commenti:

  1. Anche io ho letto questo libro recentemente, mi ha scioccato ma lo'ho anche amato tantissimo, perché da una speranza "vera", niente guarigioni miracolose, ma nemmeno solo dolore e disperazione...
    Ciò non toglie che per un bel pezzo, ad ogni dimenticanza il mio pensiero andava subito alla malattia!

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    1. Anche per ed è una brutta cosa perché sono sempre stata fissata con pensieri del genere! :-P
      Comunque una lettura che regala molto!

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