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06/05/14

Recensione di Terrestre di Jean-Claude Mourlevat

Trama: In una stradina di campagna, Anne Collodi, diciassette anni, trova il punto di passaggio per un altro mondo, o meglio l'altro mondo, quello vero, in cui è finita sua sorella Gabrielle, sedotta e rapita dal "cacciatore" Jens. Il viaggio in questa realtà asettica e futuribile è pericoloso: se scoperta, Anne rischia la morte. Ma grazie alla sua determinazione e a preziosi compagni di viaggio riuscirà a tornare sulla Terra con la sorella un attimo prima che il passaggio si chiuda per sempre.

Terrestre è uno degli ormai rarissimi romanzi autoconclusivi che popolano le librerie.
Protagonista è Anne Collodi, giovane adolescente vicina alla maggiore età alla ricerca della sorella Gabrielle, scomparsa il mattino dopo del suo matrimonio e mai più ritrovata. Da allora passa un anno. Ma Anne trova una traccia ed un passaggio verso un mondo parallelo al nostro dove Gabrielle potrebbe trovarsi. E’ un mondo dove gli esseri “umani” lo sembrano e basta. Non respirano, non provano emozioni, sono pressoché immobili e terrorizzati dai microbi. Sono dei manichini. I sentimenti proibiti e sbagliati. E’ grazie alla signora Stormiwill che la ragazza non si fa subito eliminare. Infatti lì i Terrestri come Anne sono visti per lo più come una leggenda e vengono abbattuti appena si riconoscono. Cosa facilissima. Basta respirare, ridere, starnutire… Insomma essere vivi. Anne, che si imbatte in questa signora amante dei terrestri e receptionist dell’hotel dove la protagonista alloggia al suo arrivo, non immagina la fortuna di cui dispone. Poi torna a casa e colleziona un alleato ovvero lo scrittore Etienne Virgil, amabile semplicemente per il carattere affabile e la generosità.
La storia in seguito si sposta a Lorfalen, zona più interna di questo mondo dove potrebbe realmente trovarsi Gabrielle e dove trova l’importante appoggio di Bran Ashelbi, locale ibrido (nato da madre umana e padre del luogo; vi sono altri come lui ma la loro esistenza è un segreto di stato) invischiato nella scomparsa di Gabrielle ed infine ad Estrellas, zona dove la vita degli abitanti di questo mondo ha la sua fine. Infatti essi non muoiono di vecchiaia, si spengono e vengono trasportati qui.
Il racconto è scorrevole e ben strutturato, con un linguaggio semplice ma efficace. Inizialmente è un po’ difficile capire con che storia abbiamo a che fare. Se si tratta di un distopico, di uno sci fi, se stiamo interagendo con extraterrestri. Forse è un mix di tutti e tre. Fatto sta che l’autore francese è abilissimo ad intrecciare i vari avvenimenti e la descrizione dei personaggi è perfetta. Non si ha mai l’idea di non sapere chi abbiamo davanti che sia un Terrestre o un abitante di questo mondo parallelo. Il mondo dove poi è stata portata Gabrielle fa paura. Non c’è pioggia, vento, freddo, caldo. Tutto è insipido ed immutato. Certo, si vive in “pace”, non si paga, ma basta uscire dai binari per essere duramente puniti o “spenti”. Non esiste compassione o inefficienza Le emozioni sono bandite ed i Terrestri visti come un morbo mortale da temere ed abbattere se per caso se ne avvistano. Essi non esistono, ufficialmente.  Diverso è per Gabrielle, “ospite speciale” rapita ed occultata per fare da cova ai funzionari del governo che non solo sanno per certo che i Terrestri esistano, ma che ne organizzano periodicamente i rapimenti. Altro fatto apprezzato è che la scomparsa delle Terrestri è orchestrata perfettamente e per fortuna non si ricorre all’espediente di farle sparire, cancellandone il ricordo. Insomma, è un romanzo realistico fino alla fine, nonostante il tema abbastanza fantascientifico ed un po’ surreale.
Perfino lo svolgimento della storia è atipico e non prevedibile come il finale aperto ma a suo modo anche conclusivo.

Ho scoperto con Mourlevat un autore sorprendente da non sottovalutare mai.

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