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28/11/13

Recensione de L'arte di ascoltare i battiti del Cuore di Jan-Philipp Sendker

Trama: A Kalaw, una tranquilla città annidata tra le montagne birmane, vi è una piccola casa da tè dall'aspetto modesto, che un ricco viaggiatore occidentale non esiterebbe a giudicare miserabile. Il caldo poi è soffocante, così come gli sguardi degli avventori che scrutano ogni volto a loro poco familiare con fare indagatorio. Julia Win, giovane newyorchese appena sbarcata a Kalaw, se ne tornerebbe volentieri in America, se un compito ineludibile non la trattenesse lì, in quella piccola sala da tè birmana. Suo padre è scomparso. La polizia ha fatto le sue indagini e tratto le sue conclusioni. Tin Win, arrivato negli Stati Uniti dalla Birmania con un visto concesso per motivi di studio nel 1942, diventato cittadino americano nel 1959 e poi avvocato newyorchese di grido... Un giorno in cui sua madre, riordinando la soffitta, non ha trovato una lettera di suo padre. La lettera era indirizzata a una certa Mi Mi residente a Kalaw, in Birmania, e cominciava con queste struggenti parole: "Mia amata Mi Mi, sono passati cinquemilaottocentosessantaquattro giorni da quando ho sentito battere il tuo cuore per l'ultima volta". Una pura, indimenticabile lettera d'amore che ha scosso profondamente Julia. Il desiderio di scoprire i segreti del padre, e magari persino di ritrovarlo, si è fatto così irresistibile che Julia ha deciso di partire immediatamente per Kalaw, quella piccola città annidata tra le montagne, dove tutto ora le appare estraneo.
Ho iniziato questo libro dopo quasi due anni che è in mio possesso. Me lo aveva passato una mia amica assieme al suo seguito. Ma allora ero presa da altre letture e queste mi sembravano meno interessanti, quindi li ho messi in disparte. Però da questa estate sto riuscendo a tenere fede all'impegno di smaltire gli arretrati secolari e non che si sono accumulati in camera: 4 bustoni e uno scatolone. Ok, mi arriveranno dei libri per Natale riempiendo di nuovo una busta ma al momento ne ho liberati due di bustoni! Direi che è un ottimo traguardo e che un pò di luce in fondo al tunnel si vede.                                                                                                                                                          
Torniamo a noi però. L'arte di ascoltare i battiti del cuore ci ha messo parecchio prima di conquistarmi e il suo obiettivo lo ha perseguito solo alla fine.                                               Conosciamo Julia Win, figlia dell'avvocato di successo Tin Win, che dopo la laurea della figlia scompare senza lasciare traccia. Lo cercano per 4 anni e le sue tracce paiono scomparse in Asia.    Sarà il ritrovamento di una lettera del padre ad una certa MiMi a metterla in viaggio verso la Birmania a scoprire qualcosa su suo padre dopo ben quattro anni che è scomparso. E sarà lì che troverà tutte le risposte anche se sarà dura credere a quello che sentirà.                                               Sarà infatti un uomo di mezza età ad avvicinarla in una sala da tè malandata di Kalaw, uno dei molti luoghi del posto che noi occidentali definiremmo veramente miserabili compantendo senza fine gli avventori e gli abitanti del luogo. Non è facile per Julia credere a quest'uomo che inizialmente prende per un ciarlatano. Lei è pragmatica, neoavvocato, abituata ai fatti, cinica. Arriva quest'uomo,U Ba, che pretende di parlarle dell'amore e della storia di suo padre come mai l'aveva sentita, senza neanche specificare come lui possa conoscere fatti che lei, figlia dell'uomo scomparso, non immagina neanche e di cui non ha mai sentito parlare. E invece piano piano, non solo lei si fida, ma si lascia anche abbagliare dalla bellezza di questa storia d'amore e sofferenza che vive suo padre in prima persona. Un ragazzo con una vita dura, abbandonato dalla madre da piccolo, che vive un amore che quasi a nessuno è dato provare. Un ragazzo e poi uomo che Julia fatica un attimo ad inquadrarlo come suo padre.                                                                                                                                                        L'autore poi è bravissimo a presentarci il popolo birmano come una popolazione tranquilla, che vive senza fretta ed accetta il bene ed il male della vita. Lussi, o meglio necessità, che noi occidentali non vogliamo concederci, abituati come siamo a questa corsa al fare tutto e subito. Per cosa poi? Ma neanche i birmani sono perfetti, troppo presi a credere fermamente negli astrologi e nelle premonizioni, tanto da affidare completamente la vita alle stelle. Anche se posso solo immaginare che non tutti siano così.                                                                                                       
                            Senza particolari aspettative sono dunque stata omaggiata di una storia delicata e piena di sentimento che si avvia adagio e  che invita a rilassarsi, a fare le cose con calma e rispettare se stessi nel proprio intimo, a pensare più agli altri che a sè, ad aprire cuore, occhi ed orecchie, ad andare oltre le apparenze. Almeno è questo quello che il libro mi ha lasciato. Sono curiosa di sapere come finirà Gli accordi del cuore, seguito del romanzo, che ho recentemente iniziato e che non so proprio dove andrà a parare.

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