14/11/19

Recensione di Tre piani di Eshkol Nevo

Trama: In Israele, nei pressi di Tel Aviv, si erge una tranquilla palazzina borghese di tre piani. Il parcheggio è ordinatissimo, le piante perfettamente potate all’ingresso e il citofono appena rinnovato. Dagli appartamenti non provengono musiche ad alto volume, né voci di alterchi. La quiete regna sovrana. Eppure, dietro quelle porte blindate, la vita non è affatto dello stesso tenore. Sorto da una brillante idea narrativa: descrivere la vita di tre famiglie sulla base delle tre diverse istanze freudiane – Es, Io, Super-io – della personalità, Tre piani si inoltra nel cuore delle relazioni umane: dal bisogno di amore al tradimento; dal sospetto alla paura di lasciarsi andare. E, come nella Simmetria dei desideri, l’opera che ha consacrato sulla scena letteraria internazionale il talento di Eshkol Nevo, dona al lettore personaggi umani e profondi, sempre pronti, nonostante i colpi inferti dalla vita, a rialzarsi per riprendere a lottare.

Mi hanno ribadito che questo romanzo ha una base psicologica. Vero. Non credo di averla capita, né mi ha interessato  molto quando mi sono trovata a leggere questo libro per un gruppo di lettura. Ho preso il libro sulla fiducia e mi sono lanciata, leggendolo come un romanzo, spesso requisito principale che un libro che racconta una storia ci chiede.

La struttura del volume è particolare. Tre capitoli di lunghezza differente. Sì, solo tre capitoli. Questo perché ognuno ha un piano ad esso dedicato: primo, secondo e terzo.


Al primo piano vive una coppia sposata che ha due figlie che spesso vengono lasciate dai vicini anziani che, per una sciocchezza si occupano delle piccine.
Vengono descritte la dinamica di coppia quando si hanno figli, le piccole crisi coniugali, quel che può comportare per una donna la maternità, piccole e grandi tentazioni, la durezza di lei e l'arrendevolezza mista all'essere uomo di principi di lui, la preferenza di un figlio all'altro. Ma anche gli errori che una società basata sull'io porta a compiere. Infatti un evento dagli esiti disastrosi  poteva benissimo essere evitato, così come quel che ne è seguito.

Al secondo piano abita una moglie spesso sola perché il marito viaggia per lavoro. Quindi tutto il resto è sulle sue spalle, così come il terrore di essere malata di mente come la madre. Non avere amiche o confidenti e passare la giornata tra casa e scuola, certo non aiuta, soprattutto con un marito assente anche quando c'è. E così quel che accade dopo rimane nel dubbio: è successo veramente o si è trattato di un sogno, un'allucinazione? Perché finalmente aveva iniziato a vedere degli scorci che amava per quanto in una situazione compromettente.

Al terzo piano risiede una vedova che è anche stata giudice distrettuale. La solitudine e la vedovanza la mettono davanti a sé stessa, ma le manifestazioni per una società più equa destano il suo interesse. Questa scintilla di vita scatenerà una serie di eventi che la metterà di fronte al suo più grande errore e fallimento, quello di non aver saputo crescere nè capire un figlio.

Il tema della psicologia è evidente nell'ultimo racconto per ragioni stilistiche, ma questo romanzo secondo me è un ritratto della società odierna.
Certo, parliamo della periferia borghese di Tel Aviv, ma molti elementi mi sono noti.
Comune è la genitorialità: quanto prostri, quanto cambi, quanto possa essere difficile e dura, soprattutto per le donne. Non esistono buonismi. Per quanto ci siano tante cose belle, essere genitori è un compito enorme. In questa società addirittura sovrumano perché veniamo bombardati di stimoli e messaggi circa la nostra soddisfazione e realizzazione che si scontrano con un compito di cura. La chiave sta sempre nell'equilibrio. Poche elette amano stare a casa e vivere solo per la famiglia, ma l'opposto non è tanto meglio perché porta a vivere di compromessi più rigidi ancora. E poi si può sbagliare di grosso e trovarsi come Dvora, la vedova del terzo piano. Ma anche capire che le seconde possibilità non sono scontate e che dobbiamo agire di conseguenza.

Tutti però si rivolgono a qualcuno. Arnon, marito della Ayalet, inquilini del primo piano, parla ad un amico scrittore. Per Hani, la mamma del secondo piano, si tratta di Neta, amica talentuosa che vive negli Stati Uniti d'America. Ruth invece parla al defunto marito attraverso la segreteria telefonica perché le manca e per alleggerirsi il cuore.

La scrittura di Nevo mi ha colpita e rapita, si legge facilmente però non la definirei scorrevole. è densa  e al contempo leggera. Mi è sembrato di vedere la vita al giorno d'oggi in un contesto protetto, cullata dalle voci narranti dei personaggi.

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